Su ventisette membri, solo quattro le donne. Di cui nessuna fra i componenti di diritto o fra quelli eletti del Parlamento.

Sarà un Consiglio superiore della magistratura a fortissima trazione maschile quello che prenderà il via dopo la pausa estiva.

L’esiguità della componente femminile sta suscitando forti polemiche in queste ore.

Per Carla Lendaro, presidente dell’Associazione donne magistrato italian ( Admi), la totale assenza di componenti di genere femminile fra i membri laici «non può non suscitare sbalordimento ed indignazione». Di «profonda delusione» parla invece Cristina Ornano, segretaria nazionale di Area, il cartello delle toghe progressiste, secondo la quale «si tratta di una scelta antistorica se si pensa all’attuale presenza femminile nella magistratura che si attesta ben oltre il 50%».

Va comunque ricordato che anche nel Consiglio uscente la presenza femminile era ridotta ai minimi termini con soli tre membri, di cui due laici, l’attuale presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati e Paola Balducci, e uno togato, il giudice di Cassazione Maria Rosaria Sangiorgio.

Fra le quattro toghe donne elette la scorsa settimana c’è Loredana Miccichè di Magistratura indipendente, la corrente moderate delle toghe. «In questa campagna elettorale ho fatto circa 80 incontri in tutta Italia. E non è stato facile: ho un marito e due figli di 17 e 19 anni», dichiara al Dubbio il giudice di Cassazione Miccichè, che con la sua elezione ha riportato al Csm dopo venti anni un rappresentante delle toghe moderate fra i componenti di legittimità.

«Certamente in questi anni sono stati fatti molti passi avanti, anche dal punto di vista simbolico. Molte donne hanno incarichi di vertice in magistratura. La non considerazione della componente femminile fra i laici è però un passo indietro», prosegue Miccichè. «Io sono contraria - aggiunge - al ricorso alle quote di genere che mi sembrano un ripiego. Ma, nella situazione attuale, mi pare l’unica strada percorribile considerato che spontaneamente non si fanno grandi progressi. C’è bisogno di un percorso culturale serio, non deve essere un obbligo di legge.

Magistratura indipendente, ad esempio, spesso accusata di esser un gruppo associativo chiuso su posizioni conservatrici, ha candidato e fatto eleggere due donne ( oltre a Loredana Miccichè, l’altra è il giudice del Tribunale di Milano Paola Maria Braggion nel collegio del merito, ndr) », continua il neo consigliere del Csm.

Sul perché la presenza femminile nell’Organo di autogoverno delle toghe sia scarsa, la risposta è chiara: «Per arrivare al Csm ci vogliono percorsi pregressi di partecipazione nell’associazionismo giudiziario. Oltre che nell’Associazione nazionale magistrati, anche nei Consigli giudiziari. E’ una attività parallela che necessita di capacità organizzativa ed impegno.

Un carico lavorativo ulteriore rispetto a quello delle sentenze. Le donne sono limitate in questo proprio per gli obblighi familiari. E’ un problema generale».

Se esista un fenomeno di “donne che odiano le donne”, come nell’omonimo libro di Tiziana Maiolo, Miccichè puntualizza che non vede nessun problema di invidia o di gelosia: «Ho avuto tante testimonianze d’affetto dalle colleghe durante la campagna elettorale».