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«Ieri sera, con la testa sul cuscino, in un attimo mi son passati avanti sette lunghi anni. Sette. Non un giorno, ma sette anni. Incredulità, lunghe chiacchierate, paura, incontri con gli avvocati, pianti ininterrotti, sofferenza. Sette anni con un sorriso sempre a metà. Ogni gioia non è mai vera gioia». Il giorno dopo la sua assoluzione l'ex deputata di Forza Italia Nunzia De Girolamo si affida a Facebook per un lungo sfogo-riflessione. Denunciando come quel processo, che l'ha tenuta in sospeso per sette anni, ha cambiato la sua vita, mettendo anche in pausa la sua carriera politica. «Ieri un tribunale mi ha assolta, perché il fatto non sussiste, da accuse infamanti. Io, che ho predicato e praticato sempre umiltà ed onestà, mi sono ritrovata in pochi giorni con accuse e capi d’imputazione molto gravi. Che mai avrei, nemmeno minimante, potuto immaginare. Quelle accuse, nell'ordine, hanno provocato: le mie dimissioni da ministro pur non essendo ancora indagata; la devastazione della mia vita politica e anche personale; il saccheggio sistematico delle mie vicende familiari e finanche intime - scrive De Girolamo -. Ho atteso la sentenza, in silenzio, per rispetto della magistratura. Mai una parola sui social. Mai una parola, anche se spesso sarei voluta essere un fiume in piena». Nel suo post De Girolamo punta il dito anche contro la stampa, che ha relegato la notizia della sua assoluzione in un angolo, contrariamente a quanto fatto quando le sono state mosse le accuse. «Proprio ora, bevendo un buon caffè, sto leggendo sul mio iPad la rassegna stampa della carta stampata. E forse mi spiego tante cose: chi aveva fatto, nel solo mese di Gennaio 2014 ben tredici prime pagine, oggi lo rilega a pagina 10 con sette righe e una fotografia da ingrandire con la lente d’ingrandimento. C’è chi ha fatto anche peggio: dopo mesi anzi anni di articoli infamanti, oggi non spende nemmeno una parola. Nemmeno una riga. Zero di zero. Nulla assoluto. Incredibile! - denuncia -. Se tutto ciò fosse accaduto nella Prima Repubblica, o forse solo venti anni fa, quando non esistevano social o testate giornalistiche online, ancora oggi nel pensiero comune sarei stata una criminale. Una con una sfilza di accuse, poi rivelatesi tutte completamente infondate. Dopo una assoluzione piena, sarei stata considerata con un profilo etico e morale non idoneo e limpido. Ed è la cosa che poi mi avrebbe fatto male. Dopo le mille sofferenze, dopo tutto ciò che ho già detto e scritto. Alcuni dicono che i giornali non si vendono più. O non più come una volta. Ancora vi chiedete il perché?»