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Chiusura con il botto ieri mattina a Palazzo dei Marescialli. L’ultimo plenum del 2016 è stato caratterizzato infatti da un duro scontro tra il togato Luca Palamara e il laico Pierantonio Zanettin, poi rientrato a seguito dell’intervento del vicepresidente Giovanni Legnini. Oggetto del contendere, la vicenda relativa alla presunta esistenza di una “garçonnière” sulle colline toscane in uso al procuratore di Arezzo Roberto Rossi.
Il caso nasce il mese scorso, quando il Giornale pubblica in prima pagina la notizia che il procuratore Rossi avrebbe avuto la disponibilità di un appartamento a Poggio Fabbrelli, nelle ridenti colline della Val di Chiana. Secondo Stefano Zurlo, il giornalista che ha curato il servizio, Rossi negli anni tra 2010 e il 2011 vi si sarebbe intrattenuto con delle amiche. Un via vai anche fastidioso, a detta dei vicini intervistati dal giornalista. Una vicenda irrilevante dal punto di vista penale, ma che potrebbe aver leso il prestigio di Rossi. La prima commissione del Consiglio superiore, competente per le incompatibilità, dopo aver letto la notizia, ha deciso di approfondire la pratica nominando relatore il togato di Autonomia & Indipendenza Aldo Morgigni. Rossi, secondo quando riportato dal Giornale, non avrebbe mai pagato un euro. Né per il canone d’affitto, né per le bollette o le spese condominiali. A farsi carico di tutto, come riportato da Zurlo, un amico del procuratore.
La Prima commissione, presieduta dal laico in quota Pd Giuseppe Fanfani, al termine dell’istruttoria potrà proporre al plenum il trasferimento di Rossi per incompatibilità ambientale solo nel caso in cui venga accertato che «per qualsiasi causa indipendente da colpa, non possa, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza ed imparzialità» . Ed è a questo punto che si inserisce lo scontro Zanettin- Palamara. Come si ricorderà, già lo scorso anno era stata aperta una pratica per un trasferimento per incompatibilità ambientale a carico di Rossi. Non per una vicenda pur lontanamente assimilabile a quella approdata ieri in plenum, ma per la conduzione dell’indagine sul crac di Banca Etruria e per i rapporti di Rossi con il padre di Maria Elena Boschi, vicepresidente dell’istituto di credito aretino. Allora Zanettin condusse una dura battaglia in prima commissione, convinto che Rossi non potesse restare al suo posto per il clamore mediatico che si era sollevato intorno a questa vicenda. Ci furono audizioni ed accertamenti approfonditi, «ma ogni volta che ponevo il tema in discussione», ricorda il consigliere laico ed ex senatore di Forza Italia, «Palamara interveniva sempre per difendere Rossi». Entrambi, va detto, appartengono alla stessa corrente, Unicost. Palamara è stato il presidente dell’Anm fra il 2008 e il 2012, nello stesso periodo Rossi era nella Giunta esecutiva del sindacato dei giudici.
Replicando a Zanettin, che ieri ricordava queste vicende, Palamara ha però rivendicato la sua autonomia di consigliere del Csm. Non influenzabile dalla comune appartenenza correntizia.
Al successivo dibattito sono intervenuti tutti i consiglieri. Segno evidente che, come in questo caso, in cui si tratta di decidere il futuro professionale di un collega, i rapporti fra appartenenti alla medesima corrente sono un nervo scoperto. La pausa natalizia, a questo punto, è quanto mai provvidenziale per rasserenare gli animi.