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Non trova pace la nomina del nuovo procuratore di Milano. Attorno alla guida dellufficio inquirente più delicato dItalia sembrerebbe essere maturato un vantaggio per lattuale aggiunto Francesco Greco, ma le tensioni tra le diverse correnti della magistratura continuano ad allungare i tempi dellinvestitura.Di sicuro lex pm che, come Piercamillo Davigo, è stato una colonna dello storico pool di Mani pulite, è particolarmente gradito ai suoi colleghi milanesi, che da tempo lo considerano il dirigente in pectore dellufficio. Una scelta nel solco della continuità con i suoi predecessori, oltre ad essere il degno coronamento per un magistrato che ha trascorso quasi tutta la sua carriera a Milano occupandosi di alcune delle indagini più importati che hanno segnato la storia del Paese. A partire appunto da quelle su Tangentopoli.A Greco, comunque, non facevano difetto neppure le entrature nei palazzi romani, essendo il presidente della Commissione ministeriale sullautoriciclaggio. Ben voluto da Matteo Renzi, non era visto con il fumo negli occhi neanche dai consiglieri di Berlòusconi.Non cè stata unanimità sul suo nome, nella votazione dello scorso aprile in quinta Commissione: 3 voti per lui, uno a testa per gli sfidanti Alberto Nobili e, appunto, Giovanni Melillo, tutti appartenenti ad Area. Si dava per scontato pero che la piena convergenza si sarebbe raggiunta al plenum. Una votazione finale che il vicepresidente Giovanni Legnini vorrebbe subito questa settimana, più precisamente per giovedì, ultima data utile prima delle elezioni amministrative di giugno. Anche perché il posto, andato in pensione Bruti Liberati, è ormai vacante da oltre sei mesi.Laccordo sul nome di Francesco Greco sarebbe rientrato, comunque, in un giro di nomine più ampio che riguardano sempre il palazzo di giustizia milanese. Sono infatti vacanti i posti di presidente della Corte dAppello, di presidente del Tribunale di sorveglianza, di presidente del Tribunale per i minorenni, di aggiunto allUfficio Gip, oltre a ben sei posti di presidente di sezione fra penale e civile. Per un numero cosi elevato di incarichi dirigenziali nella stessa sede, fatte salve le capacità professionali dei candidati, i compromessi fra le varie correnti della magistratura, con le attuali dinamiche al Csm, sono di fatto inevitabili. Il rischio dello stallo, con manovre dilatorie, è dietro langolo anche per questo motivo.FUORI RUOLO: IL TABÙIl guardasigilli Andrea Orlando, nellintervista pubblicata la settimana scorsa dal Corriere della Sera, aveva risposto indirettamente a chi aveva avanzato dubbi sullopportunità della candidatura Melillo, attuale capo di gabinetto al ministero della Giustizia, da molti considerato come il papa straniero: «Lattività dei magistrati messi fuori ruolo per collaborare con istituzioni governative non può essere demonizzata». Affermazione importante proprio perché proviene da chi, oltre ad essersi espresso per una modifica del sistema elettorale dei componenti del Csm che attenui ilpotere delle correnti, a breve dovrà visionare i pareri dei tre candidati quando arriveranno al Plenum.E proprio sulla redazione di questi pareri da parte dei consiglieri (i laici Paola Balducci per Greco ed Elisabetta Casellati per Melillo, il togato di Mi Claudio Galoppi per Nobili) sui quali si starebbe ancora lavorando, ieri si è aperto un piccolo giallo. Il Csm sarebbe stato costretto ad "appaltare" allesterno i pareri sui candidati: li scrivono altri magistrati che sono pagati per farlo. Una circostanza di cui non cè traccia, però, nel testo sulla dirigenza degli uffici giudiziari recentemente approvato dal Consiglio superiore.