Non sono state ben accolte, fra i suoi colleghi, le esternazioni di Ferragosto del neo capo di gabinetto del Comune di Roma, il giudice Carla Romana Raineri. Dopo le polemiche suscitate dal suo maxi stipendio da 193mila euro lordi l'anno, aveva infatti dichiarato alla stampa «non faccio beneficenza, sono un giudice, ho diritto a quei soldi». E, rincarando la dose, «chi critica il mio stipendio conduce una battaglia contro tutta la magistratura. Dovrà vedersela con l'Anm. Io sono un presidio di legalità!».Parole decisamente sopra le righe che hanno subito riacceso il dibattito fra le toghe circa l'opportunità del suo incarico. In soccorso della Raineri erano scesi subito in campo i grillini, che solo pochi mesi fa avevano, però, presentato una proposta di legge per fissare a 155mila euro il tetto degli stipendi dei dirigenti pubblici, intravedendo dietro queste polemiche sul maxi stipendio «un attacco alla magistratura». Come si ricorderà, Raineri, giudice presso la Corte d'Appello di Milano e fino a quel momento sconosciuta ai più, balzò agli onori delle cronache lo scorso mese di dicembre quando venne chiamata dal commissario straordinario del comune di Roma ed ex prefetto del capoluogo lombardo Francesco Paolo Tronca a ricoprire l'incarico di responsabile della segreteria tecnica commissariale. Già allora si aprì una discussione sull'opportunità di autorizzare questo tipo di incarico. Il Consiglio superiore della magistratura si spacco e autorizzò l'incarico in fuori ruolo, cioè con lo stipendio sul bilancio del ministero della Giustizia, con 15 voti a favore, sette contrari e 4 astenuti.Le polemiche sono riprese il mese scorso quando Raineri ha chiesto al Csm, invece del fuori ruolo, di essere collocata in aspettativa senza assegni per ricoprire questa volta l'incarico di capo di gabinetto del sindaco di Roma Virginia Raggi. Quindi con lo stipendio interamente sul bilancio del comune di Roma. Aspettativa richiesta ai sensi dell'art. 23-bis del d. lgs 165/2001 che stabilisce la possibilità per i dirigenti e per i magistrati di svolgere attività presso soggetti pubblici «salvo motivato diniego dell'amministrazione di appartenenza in ordine alle proprie preminenti esigenze organizzative». La deliberà passò, dopo una votazione alquanto sofferta, con 15 voti, 5 contrari e 3 astenuti. Il vicepresidente Giovanni Legnini disse che il Csm aveva autorizzato solo «per rispetto istituzionale nei confronti di Roma Capitale. Mi auguro che tutto ciò non costituisca un precedente per altri sindaci perché è evidente che se una parte dei magistrati italiani inizierà a fare il capo di gabinetto dei sindaci qualche problema si porrà». Ed in effetti, leggendo la delibera della giunta capitolina, la numero 14 del 5 agosto 2016, si legge che Raineri è stata assunta, a tempo determinato, ai sensi del combinato disposto dell'articolo 90 e dell'articolo 110 comma 2 del decreto legislativo 267 del 2000, norme che disciplinano l'assunzione di dirigenti ed "alte specializzazioni" fuori dalla pianta organica di comuni e, un tempo, provincie.L'articolo 90 riguarda gli "Uffici di supporto agli organi di direzione politica". L'articolo 110 comma 2 le "alte specializzazioni fuori dalla pianta organica". Dunque non un incarico dirigenziale in senso stretto ma un incarico di natura "politica". Termine utilizzato dai togati di Area Antonello Ardituro, Ercole Aprile, Giorgio Morosini per motivare il loro dissenso all'istanza della Raineri.Più che le polemica sul maxi stipendio, dunque, la domanda che si stanno ponendo in questi giorni i colleghi della Raineri è un'altra: è credibile un sistema che prima si lamenta della carenza di organico in magistratura e poi autorizza lo svolgimento di incarichi che nulla a che vedere hanno con la funzione giudiziaria?