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Il nido in carcere per i bambini fino a 3 anni, gli Icam per donne con bambini fino ai 6 anni e le case famiglia protette per le donne in misura cautelare, soprattutto se non possiedono un proprio domicilio, con bimbi fino a 10 anni. Questo è quello dove si ricava una sorta di “circuito” dall’ultima legge numero 61 del 2011 per le detenute con figli. La legge prevede l’innalzamento del limite di età dei bambini che possono vivere in carcere con le loro madri da tre a sei anni. La norma contempla la custodia in istituti a Custodia Attenuata per detenute Madri ( Icam) in sede esterna agli istituti penitenziari, con lo scopo di evitare a questi bambini un’infanzia dietro le sbarre. Ad oggi ce ne sono 5: Torino ' Lorusso e Cutugno', Milano ' San Vittore', Venezia ' Giudecca', Cagliari e Lauro ( in Campania). Ne funzionano 4, perché l’Icam di Cagliari è tuttora priva di ospiti. Come mai? Lo spiega a Il Dubbio Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”. «L’Icam è stato inaugurato nel 2014 – spiega Caligaris – e da allora non è stato mai aperto». La presidente, sempre in prima fila per quanto riguarda i dritti dei detenuti nelle carceri sarde, sottolinea che l’amministrazione penitenziaria spese 400mila euro per adeguare l’appartamento lasciato gratuitamente in comodato d’uso dal comune di Senorbì ( piccolo paesino in provincia di Cagliari), che ora lo vorrebbe anche riprendere visto che è inutilizzato. «Una struttura – aggiunge Caligaris – che è distante 40 km da Cagliari ed è privo di servizi vicini, utili per i bambini». A questo si aggiunge il fatto che ci vogliono agenti, educatori, assistenti sociali. Tutte figure importanti che sono poche per garantire la funzionalità dell’Icam. Una risorsa, indispensabile, ma sprecata.
In realtà non è l’unico caso di struttura inutilizzata. C’è il caso di Firenze, dove l’amministrazione penitenziaria non ha proprio avviato l’apertura, nonostante fosse stata individuata la struttura già nel lontano 2010 e con tanto di 400mila euro stanziati dalla regione toscana. A riferirlo è l’esponente del Partito Radicale Massimo Lensi, fondatore dell’Associazione Progetto Firenze. «C’è solo l’immobile della Madonnina del Grappa - spiega Lensi - in uno stato fatiscente, mai utilizzato». L’esponente radicale racconta che fu tutto bloccato in uno stato avanzato della procedura amministrativa per la mancanza di un documento dell’antisismica. «In verità - sottolinea Lensi - abbiamo saputo che al Dap non andava a genio spendere tutti quei soldi per l’Icam a Firenze. Troppo pochi bambini. La politica locale non fece altro che dar seguito a questa richiesta e ha impantanato tutto». Ora don Vincenzo Russo, che è amministratore dell’opera ecclesiastica Madonnnina del Grappa, sta pensando di avviare le pratiche legali per i danni subiti dall’Opera. Ad oggi, le madri detenute a Firenze hanno come unica possibilità il nido interno al carcere di Sollicciano.
Gli Icam sono strutturati in modo tale da non ricordare il carcere, ma l’ambiente familiare: il personale di sorveglianza lavora senza divisa, vi è la presenza costante di alcuni educatori specializzati che assicurano un’opportunità di formazione alle madri e un sostegno nel rapporto affettivo con i figli. La strutturazione degli spazi risponde a precisi criteri pedagogici in modo tale che i bambini possano formulare una propria idea di casa, proprio per evitare che soffrano l’esperienza della carcerazione forzata. Le principali finalità che hanno condotto alla realizzazione dell’Icam riguardano la volontà di supportare le madri nel seguire percorsi di crescita e di reinserimento nel tessuto sociale, valorizzando il rapporto madre- bambino in modo da costruire una relazione quanto più sana possibile e restituendo autorevolezza alla figura materna. I bambini possono trascorrere del tempo fuori dall’istituto in compagnia di familiari o di volontari. Il personale di Polizia penitenziaria è composto da agenti di sesso femminile, mentre gli educatori presenti sono di entrambi i sessi, così da permettere ai minori di relazionarsi anche con figure maschili in maniera costante. Ma, come detto, la legge prevede le case famiglia protette. Ne parleremo nella terza parte della nostra inchiesta.
( continua)