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Bocciatura da parte delle toghe progressiste di Areadg della riforma della giustizia voluta da Alfonso Bonafede e presentata questa settimana agli alleati di governo. A finire nel mirino, soprattutto, la parte riguardante le sanzioni disciplinari per i magistrati che non dovessero rispettare il cronoprogramma, fissato dal Guardasigilli in quattro anni, per celebrare l’interno processo penale. «Una soluzione demagogica e di propaganda che non risolve il problema del processo e della sua ragionevole durata, ma mira ad instillare nell’opinione pubblica la falsa idea che la lentezza dei processi sia dovuta alla pigrizia dei magistrati italiani, i quali, invece, sono tra i più efficienti in Europa». Ma cosa succederebbe se entrasse in vigore la riforma di Bonafede? «Termini perentori e sanzioni disciplinari per i magistrati avranno effetti dannosi per i cittadini e per la qualità della giustizia: i magistrati si vedranno costretti a garantire l’osservanza dei termini con rinvii a giudizio non ponderati, archiviazioni affrettate e giudizi non adeguatamente supportati dal necessario approfondimento istruttorio ovvero impegneranno gran parte del loro tempo a fornire giustificazioni sul mancato rispetto dei termini». Uno scenario, quello prospettato dalle toghe di Area, non proprio esaltante. Il problema di fondo è «il carico giudiziario penale ormai insostenibile». Per garantire «la ragionevole durata del processo» si deve realizzare «quello che da anni magistrati, avvocati e giuristi hanno dettagliatamente indicato», ricordano le toghe progressiste. Questi i punti. Al primo posto l’adeguamento della pianta organica dei magistrati (in Italia i magistrati sono la metà, undici per centomila abitanti, della media europea). Poi «l’assunzione di nuovo personale amministrativo per coprire le gravissime scoperture esistenti, la modernizzazione delle dotazioni informatiche, l’adeguamento dell’edilizia giudiziaria e la razionalizzazione della geografia giudiziaria».Quindi «seri interventi normativi sui reati, verso l’obiettivo del diritto penale minimo, tale per cui la sanzione penale sia riservata ai fatti dotati di una offesa percepibile a beni giuridici di primaria importanza», senza dimenticare di snellire, nel processo penale, «fasi eccessivamente onerose e dispersive di tempo ed energie, senza alcuna incidenza sulle garanzie». Essenziale, infine, «la prosecuzione del percorso virtuoso di decarcerizzazione iniziato con l’introduzione degli istituti della messa alla prova, del 131 bis c.p. e degli strumenti di giustizia ripartiva». «L’approvazione della nuova normativa sulla prescrizione - puntualizzano - rende particolarmente urgenti questi interventi, in assenza dei quali essa rischia di allungare ‘sine die’ i tempi dei processi e di portare al definitivo collasso le Corti superiori». Obiettivo ultimo, dunque, quello di «rendere inutile la prescrizione» e ciò «non può avvenire con il rafforzamento delle sanzioni disciplinari a carico dei magistrati, ma soltanto con una riforma di sistema, straordinaria e multilivello, che recuperi realmente efficienza al processo».