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Nemmeno gli avvocati sono esenti dall’iscrizione all’Inps, ancorchè alla gestione separata. A stabilirlo, la sentenza 32167/ 2018 segnalata dal portale giuridico Cassazione. net, nella quale la Suprema Corte ha respinto in ricorso nei confronti dell’Inps di un legale non iscritto a Cassa Forense.
L’avvocato ricorrente aveva proposto ricorso in Cassazione perchè la pronuncia di secondo grado aveva stabilito «la sussistenza dell’obbligo di iscrizione alla Gestione separata dell’Inps e del pagamento della contribuzione in capo all’avvocato che ha svolto attività libero professionale per la quale, in difetto del carattere dell’abitualità, non era obbligatoria l’iscrizione alla Cassa professionale» ( secondo la regola in vigore prima dell’introduzione dell’automaticità dell’iscrizione a Cassa Forense, al momento dell’iscrizione all’albo).
I fatti in causa, infatti, risalgono al tempo in cui per l’iscrizione a Cassa Forense occorrevano i requisiti dell’iscrizione all’albo professionale e dell’esercizio della professione con carattere di continuità ( dunque la previdenza forense non veniva fruita da chi esercitava la professione in modo occasionale).
L’avvocato, che svolgeva attività professionale in modo saltuario, non aveva l’obbligo di corrispondere versamenti a Cassa Forense e riteneva non fossero dovuti nè l’iscrizione nè i versamenti alla gestione separata dell’Inps.
Invece, la Cassazione ha ritenuto di respingere il suo ricorso, richiamando la costante giurisprudenza della corte, che richiama la legge 8 agosto 1995, n. 335, nell’articolo in cui dispone che «a decorrere dal 1 gennaio 1996 sono tenuti all’iscrizione presso una apposita gestione separata, presso l’Inps, e finalizzata all’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che esercitino, per professione abituale, ancorchè non esclusiva, attività di lavoro autonomo».
Secondo la corte, la creazione della nuova gestione separata è servito proprio ad estendere «la copertura assicurativa non solo a coloro che ne erano completamente privi, ma anche a coloro che ne fruivano solo in parte, a coloro cioè che svolgevano due diversi tipi di adttività ed erano “coperti” da un punto di vista previdenziale solo per una delle due». E ancora, «caratteristica della norma è l’aver assoggettato ad assicurazione non più determinate categorie di lavoratori ma due tipi di reddito da lavoro autonomo», potendo essere «complementare a quella apprestata dalla gestione a cui il soggetto è iscritto in relazione all’altra attività lavorativa espletata».
Con la sua recente pronuncia, dunque, la Cassazione ha fissato la regola generale secondo la quale «all’espletamento di duplice attività lavorativa, quando per entrambe si prevede la tutela assicurativa, deve corrispondere la duplicità di iscrizione e non si ha, peraltro, duplicazione di contribuzione, perchè a ciascuna fa capo una attività diversa. Inoltre, ciascuna delle obbligazioni contribuitive viene parametrata sulla base dei compensi rispettivamente percepiti, che non si cumulano ma restano distinti e sottoposti alla rispettiva aliquota di prelievo». In altre parole, ad ogni attività lavorativa devono corrispondere altrettante contribuzioni, legate al diverso impiego svolto.
In via generale, dunque, viene stabilito come «il principio di universalizzazione soggettivo ed oggettivo della copertura assicurativa si traduce operativamente nella regola secondo la quale l’obbligo di iscrizione alla gestione separata è genericamente rivolto a chiunque percepisca un reddito derivante dall’esercizio abituale, ma anche occasionale, di attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione ad un albo i ad un elenco, anche se il medesimo soggetto svolge anche altre diverse attività per cui risulta già iscritto ad altra gestione». Proprio alla luce di questo, secondo i giudici, «l’unica forma di contribuzione obbligatoriamente versata» che può inibire la forza espansiva della norma della legge 33571995 è «l’obbligo di iscrizione ad una gestione di categoria». Solo questa iscrizione, infatti, legittimamente permette al professionista di richiamare il principio di «divieto di duplicazione delle coperture assicurative incidienti sulla medesima attività professionale».
Di fatto, dunque, la Corte di cassazione ha stabilito che la tutela previdenziale separata può essere sia unica che complementare e che la sua obbligatorietà si valuta sulla base dell’espletamento di una attività lavorativa. Pertanto, un avvocato che ( secondo la precedente previsione) non doveva essere obbligatoriamente iscritto alla Cassa Forense nel caso di attività professionale solo saltuaria, ha comunque l’obbligo di versare per quelle stesse prestazioni i contributi alla gestione separata dell’Inps.
A nulla, dunque, vale l’argomentazione secondo la quale è la previsione della propria cassa di categoria a che “sgrava” quelle prestazioni dal contributo.
La legge del 1995, infatti, prevede che i lavoratori autonomi che svolgono l’attività in modo non esclusivo - sulla base del principio dell’universalizzazione della copertura assicurativa - siano tenuti all’iscrizione all’apposita gestione separata dell’Inps.