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Luigi Manzi
L’avvocata ha chiesto il legittimo impedimento per una patologia invalidante, resistente ai farmaci, che in quel periodo le provocava dolori acuti simili a un parto. Il pm non si è opposto, ma il giudice delle udienze preliminari Massimo De Paoli ha rigettato l’istanza, nominando un difensore d’ufficio e ha fatto svolgere l’udienza preliminare. «Ha mandato a giudizio il mio assistito per il 7 luglio 2021, dunque non c'era nessuna fretta se non la volontà di reprimere e umiliare la funzione difensiva, e la sua stessa funzione di Gup, dimostrando che le udienze preliminari ormai sono un luogo in cui si passano le carte», così commenta duramente a Il Dubbio l’avvocata calabrese, che per motivi di privacy non citiamo. Sì, perché – come si evince dal certificato medico che ha allegato nell’istanza respinta – si legge che è affetta da una patologia ginecologica, nello specifico “cisti endometriosica” che provoca dolori pelvici resistenti agli antidolorifici e impediscono la deambulazione. 800 chilometri in piena pandemia Covid Tutto ciò le ha reso impossibile e rischioso raggiungere il tribunale di Forlì per l’udienza preliminare. L’avvocata, infatti, avrebbe dovuto sostenere un viaggio di 800 km, dalla Calabria all’Emilia Romagna, passando per varie regioni “colorate” per la pandemia. Un viaggio praticamente insostenibile, perché qualora i dolori si fossero presentati in forma acuta sarebbe stato difficile anche l’immediato accesso in pronto soccorso, vista l’emergenza Covid 10.Per tutte queste ragioni, l’avvocata ha chiesto al Gup di dichiarare legittimo l’impedimento e per gli effetti rinviare ad altra data il processo, facendo salvi tutti i diritti dell’imputato in quella fase, riservandosi, dove necessario, di produrre ulteriore documentazione concernente l’attuale situazione medica. Il pubblico ministero non si era opposto al rinvio dell'udienza Nulla da fare. Com’è detto il Pm non si è opposto, ma il giudice De Paoli ha rigettato sottolineando che «la certificazione allegata non costituisce e non ha elementi sufficienti al fine di ritenere l’impossibilità del difensore di spostarsi e di esercitare le facoltà inerenti il mandato professionale e che quindi, non si può ritenere sotto tale profilo il legittimo impedimento». Eppure si fa fatica a capire il perché non sarebbe dettagliato il certificato. Il Dubbio ha potuto leggere l’istanza, con documentazione allegata. Il certificato del 18 dicembre del 2020, a firma del medico curante, attesta – testuale – «dolore pelvico da endometriosi ovarica resistente al trattamento farmacologico». Il referto relativo all’addome inferiore del 3 dicembre, certifica – testuale - «a carico dell’annesso di destra (…) formazione delle dimensioni di circa 5,8 cm X 4,9 cm a segnale prevalentemente fluido di tipo cistico, ma con piccolo gettone, anteriormente di circa 18 mm iperintenso in TI e recante intenso enhancement dopo somministrazione di m.d.c., come da endometrioma». Sembrerebbe, a leggere i certificati medici, che l’istanza sia dettagliata ed esaustiva nel riferire la grave patologia. L'endometriosi è riconosciuta come malattia invalidante dal 2019 Come mai questo rigetto? Il diritto alla difesa ha ancora un senso, così come ha un senso la dignità della figura dell’avvocato? «Probabilmente – spiega amaramente l’avvocata a Il Dubbio - , il dato mancante deriva dalle scarse conoscenze del Gup il quale ignora che, come riportato sul sito del ministero della Salute, facilmente consultabile, l’endometriosi è riconosciuta come malattia invalidante dal 2019, addirittura inserita nell’elenco delle patologie croniche e invalidanti, negli stadi clinici più avanzati riconoscendo alle pazienti il diritto a usufruire in esenzione di alcune prestazioni specialistiche di controllo!». Proposto ricorso in Cassazione per l'annullamento dell'ordinanza di rigetto Secondo la legale, il Gup avrebbe mancato di scrupolosità e rispetto verso la funzione difensiva. Nel ricorso in Cassazione per chiedere l’annullamento dell’ordinanza di rigetto, si legge che «con estrema superficialità, ignora il fatto che una avvocata, chieda che le sia riconosciuto il suo legittimo impedimento rendendo nota una patologia molto riservata ed invalidante». Anche perché la sua malattia non era, infatti, una lieve indisposizione, ma una patologia invalidante diagnosticata da poco più di un mese e in fase acuta, per la quale il medico curante aveva prescritto un riposo domiciliare di 6 giorni a partire dal 18 gennaio e fino al 24. Ricordiamo che l’udienza preliminare si è svolta il 21 gennaio. Non solo. Se il Gup avesse rimandato l’udienza, non ci sarebbe stato alcun problema riguardante il “pericolo” prescrizione visto che i fatti contestati all’imputato sono risalenti al 14 dicembre 2019 ed al 20 maggio 2020. Infatti il giudice lo ha rinviato a giudizio per il 7 luglio prossimo. Appare, agli occhi dell’avvocata, dunque illegittimo il provvedimento di rigetto dell’istanza di differimento dell’udienza preliminare del 21 gennaio 2021, da lei presentata per l’impedimento a parteciparvi a causa di seria malattia, tempestivamente comunicata. L’avvocata ci ricorda Piero Calamandrei: «Deve essere prima di tutto un cuore», ciò significa che non basta conoscere il diritto, saper studiare la difesa tecnica più efficiente, ma deve possedere atteggiamenti e comportamenti che richiedono virtù umane, che non si inventano al momento, ma che si coltivano giorno dopo giorno. Insomma, l’avvocato deve possedere un bagaglio culturale che deve accompagnare anche quello delle virtù umane che lo vede custode dei diritti fondamentali. Ma sono virtù che anche un magistrato deve avere, altrimenti frana il sistema delle garanzie. Ecco perché può accadere che un giudice – come denunciato su Il Dubbio qualche tempo fa – tolga l’audio a un avvocato durante l’udienza in via telematica, oppure non consideri invalidante la patologia dell’avvocata come in questo caso.