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Sono passati 28 giorni e le due donne anarchiche Anna Beniamino e Silvia Ruggeri, ancora continuano a fare lo sciopero della fame all’interno dell’alta sicurezza del carcere de l’Aquila, una sezione dove vigono regole restrittive che però non si discostano addirittura dalle cosiddette aree riservate del 41 bis e, teoricamente, ciò non dovrebbe accadere, così com’è stato denunciato dall’avvocata Caterina Calia tramite un reclamo al tribunale.
«Bevono solo una tisana, non prendono nemmeno un integratore, nulla», fa sapere il legale di Anna Beniamino. Uno sciopero della fame, così prolungato, che sta debilitando inevitabilmente sempre di più il loro corpo. Una di loro attende il medico autorizzato dal gip, ma da almeno 20 giorni – fanno sapere i legali – ancora non è giunto per la visita, nonostante più volte i difensori si sono recati in carcere per poter parlare, invano, con chi di dovere. Ma nel frattempo si è aggiunto un altro episodio.
Nonostante il clamore mediatico, almeno regionale, e la presa di posizione di alcuni politici della regione Abruzzo, in quella sezione è stata trasferita dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria un’altra donna. Si chiama Natascia Savio, 35enne, anarchica anche lei, ed è stata arrestata il 21 maggio in Francia e tradotta nel carcere di Bordeaux. Dopodiché è stata estradata in Italia, di passaggio nel carcere di Rebibbia, per poi essere trasferita nella sezione As2 de L’Aquila. Anche Natascia ha intrapreso lo sciopero della fame.
Questo trasferimento, agli occhi delle detenute, è apparso come una provocazione visto che l’obiettivo dello sciopero è il trasferimento immediato presso un altro carcere e la chiusura della sezione dove sono recluse. Più passa il tempo, più aumenta a macchia d’olio la solidarietà da parte di altre detenute Oltre ai loro compagni anarchici reclusi in altre carceri, Infatti, sempre nel carcere de L’Aquila, le donne recluse al 41 bis, apprendendo la notizia dello sciopero della fame tramite il tg regionale, hanno cominciato ad intraprendere la battitura delle bottigliette di plastica come forma pacifica di solidarietà.
Uno sciopero della fame che non è una novità nella galassia anarchica. Negli anni 70 l’attuò Pasquale Valitutti, conosciuto per essere l’unico testimone della morte di Giuseppe Pinelli, volato dalla finestra dal quarto piano della questura di Milano. Oggi, malgrado da anni sia costretto a vivere su una sedia a rotelle, continua a manifestare e partecipare alle lotte politiche. Ma la sua storia, appunto, riguarda anche lo sciopero della fame che intraprese, quando, durante i cosiddetti anni di piombo, finì in prigione con l’accusa di lotta armata. Intraprese uno sciopero della fame che durò oltre un mese ed è lì che si ammalò.
Ma lo sciopero della fame è un metodo che fu applicato anche dagli anarchici degli anni 20. In primis da Errico Malatesta, il fondatore del famoso quotidiano “Umanità nuova” e uno dei principali teorici del movimento anarchico. Venne arrestato, ingiustamente, nel 1920 e intraprese uno sciopero della fame che gli minò le sue condizioni fisiche. Una pratica che però non va sempre a buon fine. Si può morire anche. L’ultima morte a causa dello sciopero della fame in carcere è avvenuta nel 2017. Parliamo di Salvatore “Doddore” Meloni, l’indipendentista sardo di 74 anni che stava scontando alcune condanne per reati fiscali. Dopo 50 giorni di carcere e 50 giorni di sciopero della fame aveva ricominciato a bere, ma quel corpo da gigante era gravemente fiaccato e morì in ospedale.