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Carcere Mammagialla Viterbo
I volontari del Gruppo Assistenti Volontari Animatori Carcerari ( Gavac) chiedono per il carcere di Viterbo soluzioni che non abbandonino detenuti e famiglie.
Eccesso di detenuti ( 612 per 432 posti), cronica carenza di agenti ed educatori ( solo 4), un padiglione chiuso per lavori, troppi detenuti con patologie psichiatriche che avrebbero bisogno di strutture e assistenza adeguate: sono i problemi più gravi nella casa circondariale Mammagialla di Viterbo secondo la Onlus Gavac nata trent'anni fa dall'intuizione dell'allora cappellano don Pietro Frare. «Pur condividendo l'allarme diffuso, lanciato anche dai media, ritengo che oltre che i colpevoli vadano cercate soluzioni - spiega Claudio Mariani, volontario del Gavac e docente di Criminologia al Centro studi criminologici di Viterbo -. Tre suicidi nel 2018 di Viterbo necessitano una lente di ingrandimento: le responsabilità vanno accertate, ma bisogna partire dal disagio crescente, frutto di un clima poco sereno, che aumenta gli episodi di aggressività. Le mele marce sono ovunque, ma a Viterbo lavorano anche operatori con umanità fuori dal comune». Il Gavac, grazie a finanziamenti di diocesi, Fondazione L'Arca e alcuni soci, gestisce una casa di accoglienza per detenuti in permesso premio e loro famiglie che vanno a trovarli, distribuisce generi di prima necessità e negli ultimi due anni ha aiutato a laurearsi 8 detenuti. «L'invito del Papa a mettersi a servizio nella fraternità, rivolto Giovedì Santo nel carcere di Velletri, vale anche per Viterbo: spesso le catechesi più importanti arrivano dai detenuti, capaci di ascolto e affetto commoventi. Trasformarli da problema a risorsa è fondamentale», conclude Mariani.
Questo fa il paio con la visita, nel giorno di Pasquetta, effettuata dalla delegazione del Partito Radicale composta da Rita Bernardini, Sergio D’Elia e Giovanni Zezza. Ricordiamo, come già riportato da Il Dubbio, che nel carcere di Viterbo, da anni al centro delle cronache a causa dei suicidi sospetti e presunti pestaggi, c’è un fortissimo disagio per la presenza di numerosi detenuti con problemi psichiatrici, molto spesso avendo come compagni di cella persone con altrettanti problemi come la tossicodipendenza. Situazioni che mettono in difficoltà gli stessi agenti penitenziari a causa anche dei pochissimi operatori sanitari qualificati. Ma non solo. Grazie alla visita della delegazione del Partito Radicale è emerso che anche alla sezione del 41 bis non mancano detenuti con forti disagi psichici, di cui uno – quando era recluso al carcere duro de L’Aquila – era stato raggiunto da un Tso e punito al 14 bis ( regime di sorveglianza particolare) che, combinato con il 41 bis, diventa un regime ancora più duro. Sempre lo stesso detenuto, nel carcere precedente, era stato anche ammanettato per 3 mesi durante l’ora d’aria. A questo si aggiunge il problema della mancata uniformità delle regole, quindi ad esempio accade che un detenuto al 41 bis della stessa sezione ha la possibilità di poter fare le due ore d’aria senza essere sottratta l’ora per la socialità, mentre un altro no.
Da ricordare che recentemente ha fatto visita comitato europeo per la prevenzione sulla tortura. Forse il rapporto sarà pubblico a novembre. «Occorre sottolineare – aveva spiegato Zamparutti – che in Italia, a differenza di altri Paesi, non esiste la pubblicazione automatica dei Rapporti: pertanto, ci dovrà essere un’autorizzazione governativa perché si proceda alla pubblicazione del Rapporto». E forse sarebbe ora che anche noi ci adeguassimo, in nome proprio della trasparenza.