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A sollevare per prima l’allarme è stata nei giorni scorsi l’Associazione italiana giovani avvocati. Che, con una nota del suo presidente Alberto Vermiglio, prima ancora che si aprisse il caso del bando «a titolo gratuito» promosso dal ministero dell’Economia, ha chiesto al Parlamento di imporre a tutte le pubbliche amministrazioni il rispetto integrale della legge sull’equo compenso. Obiettivo raggiungibile, per Vermiglio, con «una nuova norma che disponga l’obbligatorietà dei parametri minimi». Quasi una premonizione di quanto sarebbe emerso il giorno dopo, ossia la “gara” per incarichi professionali aperta dal Tesoro “a zero euro”.
Appresa la notizia, giovedì la stessa Aiga e l’Unione nazione Giovani commercialisti ed esperti contabili hanno espresso, in una nota congiunta, «preoccupazione per l’avviso pubblico del ministero dell’Economia». Ieri i Consigli nazionali di avvocati e commercialisti, insieme con il Notariato, hanno dunque tradotto i rilievi delle associazioni giovanili nella lettera a Giovanni Tria. Un documento indirizzato «per evidente correlazione di materia» anche ad altri interlocutori: il guardasigilli Alfonso Bonafede e i presidenti delle commissioni Giustizia del Senato, Andrea Ostellari, e della Camera, la neoeletta Francesca Businarolo.
Sembra dunque essersi avviata una dialettica che potrebbe portare a un vincolo giuridico inderogabile per le amministrazioni centrali. Esito verso cui si muovono anche due parlamentari che ieri hanno depositato interrogazioni al ministro dell’Economia sul “bando gratis” di via XX Settembre: Maria Elena Boschi del Pd e Andrea Mandelli di Forza Italia. La prima ricorda che gli incarichi a zero euro sono lesivi della Costituzione e della «dignità del lavoro» ; il deputato azzurro richiama la sentenza con cui il Consiglio di Stato ha ribadito che «il compenso professionale» non può essere «palesemente irrisorio».
E. N.