L’Osservatorio Carcere dell’Unione delle Camere Penali Italiane lancia un appello drammatico e urgente: serve un intervento parlamentare straordinario per “ridare piena costituzionalità al carcere”, restituendo dignità a un sistema che, numeri alla mano, si è trasformato in un “cimitero dei viventi”. I dati del 2024, definiti “da fare accapponare la pelle”, raccontano una crisi umanitaria senza precedenti, mentre il governo risponde con soluzioni inefficaci e la politica sembra voltare lo sguardo.

Il rapporto dell’Osservatorio dipinge un quadro agghiacciante: 90 suicidi tra i detenuti, il numero più alto mai registrato, e 246 morti in carcere per cause varie, il picco dal 1992. A questi si aggiungono oltre 2.000 tentativi di suicidio e 13.000 atti di autolesionismo, segni di un disagio che diventa disperazione. Il 2025 non promette miglioramenti: già nei primi giorni dell’anno si contano 9 suicidi ( contro i 4 dello stesso periodo del 2024), tra cui tre a Modena, due a Cagliari e uno nel carcere romano di Regina Coeli. A morire, però, non sono solo i detenuti: a Paola, nel cosentino, si è tolto la vita anche un operatore penitenziario, vittima di un sistema allo stremo.

Il sovraffollamento rimane una piaga insanabile: le carceri italiane ospitano 15.000 detenuti in più rispetto ai posti disponibili, superando i limiti imposti dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con la sentenza Torreggiani del 2013. Un fenomeno in crescita: tra il 2021 e il 2024, i detenuti sono aumentati di 8.000 unità, mentre i posti sono diminuiti di 1.000. Se il trend proseguirà, entro il 2027 ci saranno 30.000 detenuti in eccesso, nonostante il piano governativo di ampliare le strutture con 7.000 nuovi posti. “Una goccia nel mare”, denuncia l’Osservatorio, che accusa l’esecutivo di “tirare a campare” con soluzioni “stantie e inefficaci”.

La presidente del Consiglio, interpellata sulla questione, ha ribadito la linea dell’ampliamento degli istituti penitenziari. L’Osservatorio risponde che, costruire nuove celle senza ridurre il numero di detenuti, è come “svuotare il mare con un secchio”. La priorità, invece, dovrebbe essere l’adozione di politiche deflattive: limitare la custodia cautelare, incentivare misure alternative alla detenzione e sgravi per reati minori. L’Italia, già condannata più volte dalla Cedu per condizioni carcerarie “disumane e degradanti” (violando l’articolo 3 della Convenzione Europea), non ha migliorato la situazione. Il sovraffollamento cronico impedisce di garantire servizi essenziali come assistenza sanitaria, attività riabilitative e contatti familiari, trasformando il carcere in un luogo che “non rieduca, non reintegra: uccide”.

L’Ucpi, denunciando l’inerzia del governo, chiede al Parlamento di attivare un dibattito urgente per riforme strutturali, tra cui un provvedimento di indulto e la revisione delle norme sull’esecuzione penale, allineandole ai principi costituzionali (come gli articoli 27 e 32, che tutelano dignità e rieducazione). L’appello coincide con il Giubileo 2025, durante cui Papa Francesco ha aperto una Porta Santa a Rebibbia, sollecitando amnistia e indulto per restituire speranza ai detenuti. Un invito disatteso dall’Italia, nonostante la Costituzione vieti trattamenti contrari alla dignità umana. “Solo un’azione coraggiosa della politica può evitare il collasso”, conclude l’Osservatorio. La posta in gioco non è solo il rispetto dei diritti umani, ma la credibilità stessa delle istituzioni. In un Paese che si definisce civile, lasciare che il carcere diventi un “luogo di morte” è una sconfitta per tutti. Servono scelte radicali: meno celle, più giustizia.