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Mentre giovedì scorso la Camera ha approvato una mozione di maggioranza vuota di soluzioni concrete sull’emergenza carceraria, lo stesso giorno il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha incontrato i rappresentanti della Conferenza dei Garanti territoriali, in un confronto (il secondo nel giro di due settimane) che ha messo a nudo il divario tra le urgenze del sistema penitenziario e l’inerzia politica.
A fare da sfondo, il drammatico dossier dell’Associazione Antigone, inviato al Parlamento in occasione della seduta straordinaria: 62.140 detenuti stipati in strutture al collasso, 20 suicidi in tre mesi, minori ammassati in celle per adulti e istituti ridotti a ruderi. Un’emergenza che la politica ha scelto di archiviare con un atto formale, ignorando le proposte di chi da anni denuncia l’abisso del sistema penitenziario.
Come detto, nella stessa giornata del voto parlamentare, il ministro Nordio ha ricevuto il portavoce della Conferenza dei Garanti Territoriali, Samuele Ciambriello, accompagnato da Bruno Mellano (garante del Piemonte) e Valentina Calderone (garante di Roma). Al centro del dialogo, i dati allarmanti diffusi dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap): oltre 23.000 detenuti vivono in regime di custodia chiusa, privi di attività trattamentali, socialità e percorsi di inclusione.
«Non servono tanto nuove celle o stanze di pernottamento, ma laboratori, officine, scuole, spazi di vita comunitaria, sportiva e formativa. Non nuove carceri, ma carceri nuove!», ha sottolineato Ciambriello, chiedendo nuovi investimenti nell’opera trattamentale. La Conferenza dei Garanti ha sollecitato provvedimenti di clemenza per alleggerire il sovraffollamento, puntando su misure alternative per detenuti con pene residue brevi o fragilità sanitarie.
Sul tavolo anche la proposta di istituire Case di Reinserimento, modello ritenuto promettente per ridurre la recidiva. A tal fine, è stato annunciato un finanziamento di 1,9 milioni di euro per progetti di mediazione culturale, da approvare entro il 31 marzo tramite la Cassa delle Ammende. Particolarmente accesa la discussione sulla giustizia minorile. I garanti hanno ribadito la contrarietà al trasferimento di 70 giovani adulti nella sezione distaccata del carcere bolognese della Dozza, definendolo una violazione delle norme internazionali.
Critiche anche sulla chiusura dell’unico istituto per detenute madri nel Sud Italia, a Lauro (Avellino), mentre restano attive tre strutture al Nord (Milano, Torino, Venezia). «Al Sud, le madri detenute sono costrette a scegliere tra la galera e l’allontanamento dai figli», ha denunciato la garante Calderone. Il guardasigilli ha recepito questa denuncia e ha promesso di intervenire.
IL GRIDO INASCOLTATO DI ANTIGONE IN PARLAMENTO
Il giorno della seduta straordinaria, Antigone ha inviato un documento in Parlamento che purtroppo è stato, di fatto, ignorato. Il report, a disposizione di tutti i deputati presenti, è un atto di accusa senza precedenti contro un sistema al collasso. Attraverso dati, testimonianze e analisi dettagliate, il rapporto svela un Paese che viola diritti umani fondamentali, trasformando le carceri in luoghi di sofferenza sistematica.
Al 17 marzo 2025, le carceri italiane ospitano 62.140 detenuti, contro una capienza regolamentare di 51.323 posti. Di questi, 4.518 sono inagibili per degrado, portando il tasso di sovraffollamento al 132,7%.
Le regioni più critiche — Lombardia, Puglia e Veneto — ospitano istituti con tassi di affollamento superiori al 200%, come Milano San Vittore (213%) e Foggia (209%). Il sistema minorile, un tempo modello europeo, è in frantumi. Dopo il Dl Caivano, i giovani detenuti sono passati da 392 a 569, con una capienza degli Istituti penali per minorenni (Ipm) fissata a 559 posti. Il sovraffollamento (111,45%) ha costretto all’uso di materassi per terra a Torino, Milano e Bari, mentre a Roma i ragazzi hanno affrontato l’inverno senza riscaldamento.
Il 2025 si apre con 20 suicidi in tre mesi, tra cui una donna e un 24enne di Regina Coeli. Un trend che segue il record del 2024 (89 vittime) e che proietta il bilancio annuale verso oltre 200 morti. L’80% di questi episodi avviene in sezioni a custodia chiusa, dove i detenuti trascorrono fino a 22 ore al giorno in isolamento.
DALLA MUFFA A OPPORTUNITÀ NEGATE
Il degrado materiale è documentato in decine di istituti. C’è Sollicciano, dove muffa e infiltrazioni invadono uffici e celle, con il personale costretto a usare torce dopo il tramonto. A Regina Coeli i detenuti senza coperte, posate o tavoli per mangiare. Al carcere di Modena, padiglioni fatiscenti con porte arrugginite e mobili bruciati. A Lodi e Taranto, tassi di affollamento vicini al 200% in strutture prive di manutenzione.
Solo un terzo dei detenuti (20.240 su 62.140) svolge attività lavorative, per lo più legate alla gestione interna delle carceri. Appena il 15,53% ha accesso a impieghi esterni, mentre progetti culturali e formativi vengono sistematicamente disincentivati.
Antigone avanza 15 proposte concrete: dalla riduzione del numero di detenuti attraverso misure alternative all’abolizione dell’isolamento disciplinare, dall’apertura delle celle per 8 ore al giorno all’assunzione di migliaia di operatori.
Intanto, tra muffa, suicidi e celle sovraffollate, il sistema continua a macinare vittime.