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Decarcerizzazione, no alla costruzione di nuovi carceri, implementare le misure alternative, dare valore alla giustizia riparativa e non allargare il 4 bis ( articolo emergenziale nato per vietare la concessione dei benefici per reati di mafia e terrorismo) anche verso reati come quelli della pubblica amministrazione. Parliamo della mozione su pena e carcere approvata dal XXII congresso di Magistratura Democratica che punta il dito contro il dilagante populismo penale che ha dato frutto a leggi punitive e restrittive, esortando nel contempo che si restituisca all'Italia quella posizione di prestigio che sempre ha avuto nel panorama dell'esecuzione penale. Il documento esordisce ricordando la riforma originaria dell’ordinamento penitenziario, quella che molti attendevano, perché «era un tentativo – si legge nella mozione - di dare nuovo slancio ai due principi del finalismo rieducativo e dell'umanizzazione della pena scolpiti nell'art. 27 Cost., norma in cui vengono racchiuse le due principali anime della Carta: l'istanza personalistica ( principio di umanità) e quella solidaristica ( principio rieducativo)».
Magistratura democratica punta il dito contro le norme recuperate dall’attuale governo con i recenti Decreti Legislativi dell'ottobre 2018, perché «sono poca cosa rispetto a quello che la riforma rappresentava, tanto da poter dire che il sistema dell'esecuzione penale - significativamente inciso da leggi che via via nel tempo hanno introdotto automatismi e preclusioni nell'esplicito intento di limitare il vaglio discrezionale sui percorsi individuali di recupero da parte della magistratura rimane ancora uguale a sé stesso». I magistrati dell’associazione, consapevoli del fallimento che comporterà la riforma approvata a metà, chiedono che quel progetto di riforma «venga interamente recuperato anche per impedire il progressivo scollamento che oggi si verifica tra la rappresentazione ufficiale del carcere e la realtà di esso». Si punta il dito contro i nuovi pacchetti sicurezza e l'inasprimento delle pene per alcuni reati.
Magistratura democratica critica in particolar modo la legge “spazzacorrotti” dal punto di vista dell’esecuzione penale che, con efficacia retroattiva, «indebolisce i processi di reinserimento per alcune categorie di reati». Si fa riferimento all'inserimento nel primo comma dell'art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario di quasi tutti i reati contro la pubblica amministrazione, «semplicisticamente – si legge sempre nel documento approvato- parificati ai reati di mafia e di terrorismo». I magistrati, nella mozione, dicono chiaramente che tali provvedimenti rischiano di relegare ancora una volta il carcere in «un mondo chiuso in sé e totalmente impermeabile al contatto con la società civile». Magistratura democratica ribadisce che la dignità di ogni condannato, anche autore dei più gravi delitti, «deve essere salvaguardata dalle istituzioni che ne assumono la custodia, evitando la spettacolarizzazione degli arresti e l'esibizione al pubblico del condannato come fosse un trofeo di guerra». I magistrati di MD sono chiari su questo punto: «L'esecuzione della pena ed il carcere rappresentino un luogo di mediazione e di pacificazione, oltreché di riparazione e di recupero individuale e non un terreno di perenne conflitto o di strumentale propaganda». La mozione ricorda il sovraffollamento che coinvolge le nostre patire galere e il rischio, concreto, di una nuova condanna da parte della corte europea dei diritti umani. Per scongiurare tale condanna, MD non auspica la costruzione di nuove carceri, ma interventi legislativi tesi ad evitare l’esponenziale ricorso alla pena carceraria. I magistrati ricordano anche il mancato intervento sul vuoto normativo che rende, tuttora, la mancata equiparazione dei detenuti con patologie mentali con quelli aventi problemi fisici. In parole semplici, attraverso la mozione, MD vuole che l’esecuzione penale abbia la costituzione italiana come via maestra.