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«La legge non consente la vendita o la cessione a qualunque titolo dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis come l’olio, le foglie, le inflorescenze e la resina». Lo hanno deciso ieri le sezioni unite penali della Cassazione. Una sentenza attesissima dopo che, come anticipato dal Dubbio, a fronte della sentenza della sesta sezione penale della Suprema corte secondo la quale il commercio di cannabis light è lecito, c’era stata un’altra pronuncia della sezione penale che, orientata in direzione opposta, aveva ritenuto fosse inevitabile far intervenire le sezioni unite.
Così è stato: il responso di ieri colpisce un settore peraltro tra i più espansivi dell’economia italiana negli ultimi tempi, considerato che secondo l’Associazione italiana cannabis light, colpirà un mercato da circa 80 milioni di euro.
I giudici della Cassazione hanno deciso di prendere una decisione, nonostante la Procura generale rappresentata dal sostituto pg Maria Giuseppina Fodaroni, avesse chiesto di inviare gli atti alla Consulta, osservando che non c’è ragionevolezza nel sistema legislativo attuale e che le indicazioni fornite dal legislatore sul tema della cannabis ligth non sono chiare.
Ma per le sezioni unite non ci sono dubbi, visto che la legge del 2016 «qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel catalogo comune delle specie di piante agricole che elenca tassativamente i derivati dalla predetta coltivazione che possono essere commercializzati».
L’interpretazione della legge da parte della Suprema corte sancisce quindi che è legale coltivare marijuana a basso contenuto di Thc ma non è legale venderla. Sentenza che arriva dopo che il business si è già sviluppato. Oggi sono più di 3.000 gli ettari messi a produzione della canapa legale, con un trend annuale in continua ascesa, e sono ormai 15.000 i punti vendita in tutta Italia. L’inevitabile chiusura di quest’ultimi metterà in crisi anche i coltivatori.
Subito dopo la sentenza ha esultato il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini: «Siamo contro qualsiasi tipo di droga, senza se e senza ma, e a favore del divertimento sano». Gli fa eco il ministro per la Famiglia, con delega alle politiche antidroga, Lorenzo Fontana: «Questa decisione conferma le preoccupazioni che abbiamo sempre manifestato in relazione alla vendita di questo tipo di prodotti e la bontà delle posizioni espresse e delle scelte da noi adottate fino ad oggi». Nelle ultime settimane Salvini aveva lanciato una vera e propria crociata contro i negozi di cannabis light.