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Area è la corrente finora neppure sfiorata dall’uragano delle cene con Lotti e delle sconvenienti amicizie di Luca Palamara. L’unica a potersi considerare immune dalle carte segrete del discredito puntualmente divenute pubbliche. E una simile, certamente commendevole condizione pesa eccome, sull’aria che tira al congresso della corrente progresssista, aperto ieri pomeriggio a Roma: «La questione morale va affrontata», dice Cristina Ornano nella sua relazione introduttiva, «è allarmante l’intreccio clientelare che non può ricordare altro se non la P2». È la denuncia violentissima che apre le assise delle toghe che, con una semplificazione, vengono definite “di sinistra”. Ma proprio mentre Ornano, giudice del Tribunale di Cagliari, fa vibrare un nuovo sentimento d’indignazioine nella platea dei colleghi, Area incassa anche un altro riconoscimento della propria estraneità allo “scandalk Csm”. Il comitato di presidenza dell’organo di autogoverno ( composto da Ermini e dai due vertici della Cassazione) comunica sempre nel pomeriggio di ieri che sarà un consigliere di Area a presiedere, d’ora in poi, la delicatissima commissione Incarichi direttivi del Consiglio, quella che deciderà anche sul successore di Pignatone e dove si è consumato il voto da cui è deflagrata la bomba. Si tratta del consigliere Mario Suriano, che va a sostituire uno dei togati “autosospesi”, Gianluigi Morlini di Unicost. Entrano nella quinta commissione due nuovi componenti per sostituire lo stesso Morlini e Antonio Lepre di “Mi”: si tratta di Loredana Micciché - pure lei di Magistratura indipendente - e Marco Mancinetti - di Unicost.
Tutto come previsto. Ed è un’altra medaglia che Area può ora appuntarsi sul petto. Non a caso nell’intervento che suona come un’intransigente aut aut alle altre correnti, Ornano chiede tra l’altro nuovi criteri per le nomine del Csm che «guidino l’esercizio della discrezionalità». Ma siamo alla parte riformista delle contromisure. Ce n’è una assai più drastica: «Siamo di fronte a una crisi che non esitiamo a definire la più drammatica nella storia della magistratura italiana del dopoguerra», premette il segretario di Area, «ed è dirompente quanto drammatica» la «attualità e centralità della questione morale in magistratura». Bisogna osservare «scrupolosamente il codice etico dell’Anm», che non a caso ha già invocato le dimissioni dei quattro consiglieri del Csm coinvolti ( oltre al già dimesso Luigi Spina). Si impone, dice Ornano, «un rifiuto netto e intransigente delle pratiche clientelari, quanto di più dannoso possa esservi per l’autogoverno», cioè per lo stesso Csm. Fino a una bordata che dà la misura esatta dello scontro ormai inevitabile, fra le correnti, proprio attorno alla questione morale: «Lobby trasversali composte da politici disinvolti e spregiudicati imprenditori, con il coinvolgimento di magistrati, hanno messo a punto un tentativo estremamente pervasivo di eterodirezione dell’autogoverno per le nomine di alcune nevralgiche Procure». Siamo al caso vero, quello del futuro capo dei pm capitolini. Ebbene, scandisce Ornano nella propria relazione, si tratta di «un fatto che, se confermato, sarebbe di una gravità inaudita e che, come è già stato da molti ricordato, ci riconduce al solo precedente della P2».
Si gioca sull’analogia con tale nerissimo antefatto il contrasto fra l’ala più intransigente, quella di Area appunto, e le altre correnti, in particolare Magistratura indipendente. Prima di prendere la parola, Ornano sa già della dura reazione “garantista” della corrente moderata ( di cui si dà conto in altro articolo, ndr). Lo scontro è destinato a consumarsi nell’Anm, che pure ha invocato all’unanimità le dimissioni dei quattro togati presenti alle cene con Lotti ma che ora è investita dal contrattacco sferrato appunto da “Mi”, furente anche col presidente Pasquale Grasso chge pure della stessa “Mi” fa parte. Un clima simile a quello che vide il Pds distinguersi nella rovina della Prima Repubblica innescata da Mani pulite. Non a caso, Ornano sostiene che «quanto emerso a Perugia sul Csm non può essere liquidato con le false banalizzazioni del “così fan tutti”». Altra stoccata agli avversari - ma soprattutto a “Mi”. Il segretario di Area pronuncia un no altrettanto netto contro le ipotesi circolate finora per riformare il Csm: ossia l’elezione per sorteggio e la separazione di un organo dei magistrati requirenti da quello dei giudici, come previsto dal ddl promosso dall’Unione Camere penali. La prima è «incostituzionale», la seconda sarebbe «dirompente e tesa a normalizzare la magistratura». Certo, le riforme sono «ineludibili» ma passano casomai per il «ritorno al sistema proporzionale per liste concorrenti», dice la leader di Area. E qui si chiude il cerchio, perché per evitare un riassetto meno sbrigativo sarà necessario il dialogo con quella politica travolta un quarto di secolo fa dalla vera Tangentopoli, e di cui ora le toghe temono di sentirsi emuli.