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Non si placano le polemiche per la concessione da parte del Tribunale di Sorveglianza di Firenze della semilibertà a Giovanni Sutera, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Graziella Campagna. Durante la giornata il sessantenne potrà uscire dal carcere di Sollicciano per andare a fare volontariato presso un'associazione che fornisce assistenza agli anziani, mentre la sera dovrà tornare in cella. La vicenda è nota: la giovane commessa di una lavanderia di Villafranca Tirrena (Messina) fu uccisa nel 1985 perché aveva scoperto da un'agenda smarrita tra gli abiti di un cliente l'identità di Gerlando Alberti, boss di mafia di cui Sutera sarebbe stato braccio destro. Due giorni fa è stata presentata una interrogazione alla ministra Cartabia dai parlamentari del Movimento 5 Stelle della commissione Antimafia (Sarti, Salafia, Migliorino, Ascari, Aiello, Endrizzi, Pellegrini) in cui si ipotizzano anche azioni ispettive e/o disciplinari nei confronti dei magistrati di sorveglianza che hanno concesso il beneficio. Per i 5Stelle occorre «verificare la rispondenza al dettato normativo dell’operato della magistratura di sorveglianza di Firenze, onde scongiurare il rischio della concessione e applicazione di benefici penitenziari in assenza dei presupposti di legge nei confronti di soggetti condannati per gravi fatti di mafia». Dunque la magistratura di sorveglianza torna di nuovo nel mirino, dopo le accese polemiche che avevano infuocato il dibattito durante la pandemia, quando si concesse la detenzione domiciliare per motivi di salute anche a condannati per gravi reati. Il fratello della giovane si è detto molto amareggiato: «Mi chiedo se i nostri politici quando fanno le leggi pensano che questa ragazza martoriata poteva essere loro figlia o sorella. Inoltre Sutera è un criminale che non si è mai pentito, come può lavorare mi chiedo per un'associazione di volontariato? Mi vergogno di essere italiano, hanno ucciso un'altra volta mia sorella». Chi vuole fare chiarezza è il legale di Giovanni Sutera, l'avvocato Elena Augustin del foro di Prato: «Tutti qui parlano di mafia in riferimento al mio assistito, ma lui non ha mai ricevuto una condanna né per 416 bis né gli è stata mai contestata l'aggravante del metodo mafioso». In merito all'interrogazione parlamentare: «Mi vergogno per chi prende delle iniziative senza conoscere i dettagli della vicenda giudiziaria né le norme dell'ordinamento. L'ordinanza del Tribunale di Sorveglianza è corretta ed equilibrata». I motivi: «Nell'ultima istanza io avevo chiesto la libertà condizionale: gli era stata già concessa nel 2015, dopo aver beneficiato della detenzione domiciliare per problemi di salute, di tanti permessi premio, e della semilibertà. Ma poi nel 2018, quando mancavano circa due anni alla libertà assoluta e definitiva, quella condizionale gli è stata revocata a causa di una ordinanza di custodia cautelare emessa a seguito di una accusa di spaccio internazionale di droga, per cui è stato assolto in primo grado perché "il fatto non sussiste". Tuttavia, essendo ancora pendente un procedimento per bancarotta fraudolenta, il Tribunale di Sorveglianza ha ritenuto di concedere la semilibertà e non di ripristinare la libertà condizionale. Aggiungo che questa concessione arriva dopo un primo rifiuto ad una mia richiesta fatta immediatamente dopo l'assoluzione. Quindi il Tribunale è stato molto scrupoloso». L'avvocato Augustin ci tiene anche a sconfessare quanto letto su qualche testata per cui il suo assistito sarebbe in carcere dal 2008: «Lui è stato condannato al termine di 5 processi, celebratisi dal '77 al 2008, due dei quali per omicidio. Il primo di un gioielliere nel 1982: ha iniziato ad espiare la pena nel 1986. Poi nel 1985 viene uccisa Graziella Campagna e lui arrestato. La sentenza diviene definitiva nel 2008. Grazie ad un cumulo di pena riesce ad espiare la seconda condanna attraverso gli anni di carcere comminati per la prima». Per il delitto della Campagna si è sempre professato innocente: «La rivisitazione critica che deve operare un soggetto detenuto non deve necessariamente consistere nell'ammettere un reato ma altresì nel compiere un percorso di riabilitazione- conclude il legale -. Sutera ha svolto diverse attività di volontariato non potendo risarcire le vittime e non si è mai sottratto alle attività intramurarie».