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«Ricordatevi: aggrappatevi sempre alla corda della speranza, mai lasciarla. E poi spalancate la porta del vostro cuore», ha sottolineato più volte Papa Francesco ai circa 600, fra detenuti e personale penitenziario, presenti nella chiesa del Padre Nostro all'interno del carcere romano di Rebibbia. Con un gesto che passerà alla storia, nel giorno di Santo Stefano, il Papa ha voluto aprire per la prima volta una Porta Santa del Giubileo all'interno del più grande istituto di pena della Capitale, da lui definito una cattedrale di “dolore”.
«Molto importante essere qui perché dobbiamo pensare che tanti di questi non sono pesci grossi, i pesci grossi hanno l'astuzia di rimanere fuori e dobbiamo accompagnare i detenuti» ha detto il Papa al termine della messa, citando anche le parole del vangelo di Matteo: «Gesù dice che il giorno del Giudizio saremo giudicati su questo: ero in carcere e mi hai visitato».
La chiesa cattolica fra le opere misericordia corporale annovera la visita ai detenuti. Il Papa degli ultimi e delle periferie, con il suo stile, ha così lanciato un messaggio forte per una amnistia. Tanti detenuti al termine della messa lo hanno voluto salutare, baciandogli la mano o sussurrandogli qualcosa all’orecchio. Fra i doni ricevuti, la riproduzione in miniatura della porta della chiesa del Padre Nostro, creata all'interno del laboratorio “Metamorfosi” utilizzando i legni dei barconi dei migranti, un cesto contenente olio, biscotti, ceramiche e bavaglini, e un quadro che raffigura un Cristo salvifico realizzato dall’artista Elio Lucente, ex poliziotto penitenziario. A tutti il Papa ha donato una medaglia del Giubileo e alla direzione di Rebibbia una pergamena a ricordo della visita giubiliare, “come segno di speranza, per recuperare fiducia d stima da parte della società”, ha sottolineato monsignore Rino Fisichella.
Il gesto del Papa arriva al termine di un anno orribile per i penitenziari italiani con 88 detenuti che si sono tolti la vita. I problemi sono sempre gli stessi: sovraffollamento, anche a causa di soggetti psichiatrici incompatibili con il carcere, strutture fatiscenti, assenza pressoché totale di attività che dovrebbero, come recita la Costituzione, favorire il reinserimento nella società del condannato.
«In questa situazione anche il ritorno in libertà è vissuto con angoscia, soprattutto da chi non ha reti familiari e sociali. Una condizione in cui si perde la speranza. Ci auguriamo che la politica sappia ascoltare l'appello di Papa Francesco e che il 2025 possa essere un anno in cui si mettano mano a riforme che guardino ai principi costituzionali di una pena che sia dignitosa, umana e guardi alla reintegrazione sociale di chi è in carcere», ha commentato Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
«Nel 2002 era stato il Santo Padre Karol Wojtyla, a chiedere un atto di clemenza per i detenuti. Papa Francesco aprendo la Porta Santa a Rebibbia ha parlato di atto di amnistia, auspicando che le Istituzioni promuovano un'attenta analisi della situazione carceraria. Chiediamo un atto di buon governo sottolineando l'urgenza di un ampio dibattito parlamentare che possa arrivare a trovare soluzioni concrete per porre fine con immediatezza a tale violazione di legalità», ha ricordato dal Partito Radicale il segretario Maurizio Turco.
«Chiediamo al governo di emettere provvedimenti di clemenza ma soprattutto provvedimenti che vadano a deflazionare: abbiamo tanti, troppi detenuti in carcere, circa 10 mila che hanno una pena minima, definitiva da scontare al di sotto di un anno», ha affermato invece il segretario generale del sindacato autonomo Polizia Penitenziaria (SaPpe), Donato Capece.
«La decisione del Papa di aprire la porta Santa a Rebibbia impegna tutti noi ad affrontare il tema carceri. Che fare? Intervenire sulla carcerazione preventiva, pena in comunità per i tossicodipendenti, più giudici di sorveglianza e agenti Penitenziaria. La pena è privazione della libertà non della dignità», ha scritto su X il ministro degli Esteri e leader di Forza Italia, Antonio Tajani.
Dall’opposizione è arrivato il commento del segretario di Demos Paolo Ciani, vice capogruppo del Pd-Idp alla Camera: «Il Santo Padre non dimentica i detenuti ed esorta tutti i fedeli del mondo a volgere lo sguardo anche verso quella parte di umanità che pochi vogliono vedere. Dinanzi al dramma che vivono le carceri italiane - sovraffollamento, poco personale e che quest’anno hanno visto il massimo dei suicidi mai accaduti - penso sia necessario riflettere sulla possibilità di realizzare misure deflattive per migliorare la vita dell’intero universo carcere».
«È evidente che sulle soluzioni Papa Francesco c’è, lo Stato ossia governo e Parlamento no», ha dichiarato Riccardo Magi, segretario di +Europa. «Di fronte a sovraffollamento e suicidi record, negazione del senso costituzionale della pena il governo Meloni non ha fatto altro che aggravare la situazione con la continua e compulsiva invenzione di nuovi reati e aumenti di pena mentre si vagheggia di fantomatici piani di edilizia che rivelano solo l'incapacità di guardare in faccia una realtà insopportabile», ha proseguito Magi, richiamando anch’egli la necessità di una amnistia.
«Questa solenne e commossa cerimonia si inserisce nel progetto del Santo Padre che evita quella che lui stesso definisce “cultura dello scarto”. Il detenuto deve essere un soggetto da rieducare, come dispone la Costituzione, ma anche da comprendere nel suo dramma interiore e da aiutare per superare i momenti difficili della privazione della libertà», ha commentato infine il ministro della Giustizia Carlo Nordio, anch’egli presente a Rebibbia. «Dal punto di vista operativo insisto nel progetto che porti lo sport e il lavoro nelle carceri, perché sono due momenti essenziali per attenuare le tensioni. Inoltre intendo patrocinare la cultura: in diversi istituti sono presenti piccoli teatri, orchestre e laboratori e stiamo affinando i protocolli per portare nelle carceri attori e artisti, molti dei quali si sono offerti con generosa gratuità», ha concluso poi Nordio.