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“La sfida democratica”, questo è il titolo del Libro Bianco sulle droghe, giunto alla tredicesima edizione, promosso da La Società della Ragione, Forum Droghe, Antigone, Cgil, Cnca, Associazione Luca Coscioni, Arci, Lila e Legacoopsociali con l’adesione di A Buon Diritto, Comunità di San Benedetto al Porto, Funzione Pubblica Cgil, Gruppo Abele, Itardd e Itanpud. Un libro che dedica la parte centrale alla questione democratica, a seguito del giudizio di inammissibilità del referendum cannabis da parte della Corte costituzionale.
Infatti, oltre 600.000 cittadini si sono visti privare dei propri diritti costituzionali per una interpretazione discutibile e certamente fuori dal tempo sia della Costituzione che delle convenzioni internazionali. Proprio su quest'ultimo tema era centrata la scorsa edizione del Libro Bianco. In questa viene pubblicata la memoria presentata dal Comitato Promotore del Referendum Cannabis Legale e la sentenza di inammissibilità 51/ 2022. Oltre a queste è pubblicata la trascrizione integrale della parte inerente il referendum della conferenza stampa del Presidente Amato che tanto scalpore ha fatto per metodo, toni e merito insieme a commenti precedenti e successivi il giudizio della Corte, a supporto dell'ammissibilità del quesito.
Ma la prima parte, come sempre, è dedicata alle conseguenze penali e sanzionatorie del DPR 309/ 90. La legge sulle droghe è il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia italiana e nelle carceri. Basti pensare che senza detenuti per art. 73 ( spaccio) o senza detenuti dichiarati "tossicodipendenti" non si avrebbe alcun problema di sovraffollamento nelle carceri italiane. La legislazione sulle droghe e l’uso che ne viene fatto sono quindi decisivi nella determinazione dei saldi della repressione penale: come dimostrato in questi anni la decarcerizzazione passa attraverso la decriminalizzazione delle condotte legate alla circolazione delle sostanze stupefacenti così come le politiche di tolleranza zero e di controllo sociale coattivo si fondano sulla loro criminalizzazione. Mentre, si apprende sempre dai dati sviscerati dal libro bianco, ben 10.350 dei 36.539 ingressi in carcere nel 2021 sono causati da imputazioni o condanne sulla base dell’art. 73 del Testo unico. Si tratta del 28,3% degli ingressi in carcere. Sono lontani gli effetti della sentenza Torreggiani della CEDU e dell’adozione di politiche deflattive della popolazione detenuta. Sostanzialmente stabile la percentuale dei presenti per droghe è il 34,88% del totale ( nel 2021 era il 35,04%). Sui 54.134 detenuti in carcere al 31 dicembre 2021 si registra un leggero calo dei presenti a causa del solo art. 73 del Testo unico ( spaccio): sono 11.885. In aumento quelli in associazione con l'art. 74 ( associazione per traffico illecito di droghe) 5.971. Aumentano anche i detenuti esclusivamente per l'art. 74, che superano per la prima volta quota mille: sono 1.028.
Si confermano drammatici i dati sugli ingressi e le presenze di detenuti definiti ' tossicodipendenti': lo sono il 35,85% di coloro che entrano in carcere, mentre al 31/ 12/ 2021 erano presenti nelle carceri italiane 15.244 detenuti ' certificati', il 28,16% del totale più di 1000 in più rispetto all'anno precedente. Si tratta del record percentuale, oltre i livelli della Fini- Giovanardi ( 27,57% nel 2007), alimentato dal continuo ingresso in carcere di persone ' tossicodipendenti', che passato il Covid torna a salire. Le conseguenze della giustizia? Le persone coinvolte in procedimenti penali pendenti per violazione dell’articolo 73 e 74 sono rispettivamente 186.517 e 45.142. In totale 231.659 fascicoli per droghe intasano i tribunali italiani, dato che si mantiene ai massimi da 16 anni a questa parte, probabilmente anche per il rallentamento dovuto alla pandemia.
Per quanto riguarda le misure alternative, secondo quanto denunciato dal libro bianco, non sostituiscono ma ampliano l’area del controllo. Risulta un nuovo massimo storico per il numero delle misure alternative, che però va letto anche nel senso che esse sono diventate una alternativa alla libertà invece che alla detenzione. In un contesto di forte domanda di controllo sociale istituzionale, gli strumenti di diversion e quelli di probation consentono di ampliare l’area del controllo, piuttosto che di limitare quello coattivo- penitenziario.
A commentare i dati del rapporto, nelle conclusioni, è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. «La normativa sulle droghe non ha alcuna efficacia preventiva, speciale o generale - scrive Gonnella -. I numeri dei consumi e della repressione ci dicono che le scelte del singolo o della generalità dei consociati non sono state minimamente condizionate dalla severità della reazione penale. Non c’è ancora nel nostro Paese la tensione verso un cambio di paradigma».