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Il titolo è esplicativo: «Come ridurre i tempi della giustizia civile». E’ questo l’obiettivo dello studio pubblicato ieri dall’economista Carlo Cottarelli insieme a Mario Barbuto, Alessandro De Nicola e Leonardo D’Urso, per l’Osservatorio Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica. Il testo parte dall’individuazione di quelli che vengono ritenuti i problemi della giustizia civile: «I nostri processi durano molto più a lungo, abbiamo molte più cause pendenti, e iniziamo più cause ogni anno, soprattutto in Cassazione».
Gli studiosi ritengono, inoltre, il disegno di legge del governo sia «insufficiente» perchè, «pur proponendo alcuni provvedimenti condivisibili», «le proposte si concentrano su modifiche chirurgiche quasi esclusivamente relative al rito del codice di procedura civile senza una visione e riflessione più ampia». Nel merito, «la previsione di estendere a tutti i processi civili la modalità di introduzione della causa con ricorso, anziché con citazione, senza la corrispondente previsione ( che peraltro sarebbe problematica) di termini perentori per la fissazione delle udienze ( o l’introduzione di politiche di case management) non raggiungerà gli effetti sperati». Quanto invece alla revisione degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, «le soluzioni proposte vanno esattamente nella direzione opposta a ciò che i dati delle sperimentazioni degli ultimi anni dimostrano in tema di negoziazione assistita e mediazione.
Ad esempio, a fronte di un riconoscimento, anche nella relazione illustrativa, del successo dei risultati della mediazione nel settore dello scioglimento delle comunioni, inspiegabilmente si propone un totale cambiamento con una nuova procedura non definita, non testata affidata ad altri professionisti e sicuramente a costi più alti». Il giudizio, dunque, è tranciante: «La riforma non cerca di cambiare il sistema degli incentivi, né quelli che influenzano i comportamenti di avvocati e dei loro clienti, né quelli che influenzano i comportamenti dei giudici».
Le proposte dell’Osservatorio si concentrano da una parte sulla domanda di giustizia, sostenendo che si debba «disincentivare, sia per i clienti sia per gli avvocati, il ricorso in giudizio e la resistenza temeraria» e per farlo si possa incidere sui costi, portando «il contributo unificato per l’inizio di una causa alla media europea», «condannando l’attore soccombente in Appello o in Cassazione a pagare un importo pari al quadruplo del contributo unificato ( a favore dello Stato). In caso di ricorso in Cassazione contro la cosiddetta “doppia conforme”, e in caso di ulteriore soccombenza, le spese andrebbero liquidate alla parte vincitrice in misura pari almeno al triplo di quelle riconosciute dalla Corte di Appello». Quanto all’offerta di giustizia, gli interventi ipotizzati non riguardano l’aumento di spesa ( «è in linea con la media UE e dell’Eurozona» ) ma il fatto che «il numero dei giudici in Italia è più basso» e «gli stipendi dei giudici italiani risultano molto più elevati di quelli degli omologhi tedeschi, francesi e spagnoli, soprattutto a inizio carriera». Quindi si potrebbe «riallocare il personale impiegatizio ridondante in altri settori della pubblica amministrazione verso i tribunali», «estendere il progetto Giustizia Semplice 4.0 del Tribunale di Firenze ( l’affiancamento ai giudici di borsisti neolaureati)» e «ridurre drasticamente il numero dei magistrati fuori ruolo per incarichi amministrativi».
Quanto al rito, «il “ricorso” diventerebbe l’unica forma di atto introduttivo di una causa civile», si dovrebbe «prevedere un maggiore ricorso al procedimento sommario di cognizione», ma soprattutto vigilare sull’osservanza «dei termini di fissazione della prima udienza». Quanto al rito, «A tutte le cause civili monocratiche si dovrebbe applicare il rito del lavoro» e «si dovrebbe limitare la possibilità di ricorso in Cassazione ai casi attualmente affidati alle Sezioni Unite della Cassazione». Infine, servirebbe un «organo giurisdizionale di supporto alla Corte di Cassazione» che svolga la funzione di «filtro», «riducendo il carico in entrata della Cassazione». La relazione poi si concentra su possibili migliori pratiche organizzative per il lavoro nei tribunali, con «elementi di managerialità» per «aumentare l’efficienza». Questo dovrebbe incidere anche sulle valutazioni dei giudici ( «i giudici le cui sentenze vengono annullate dalla Cassazione o totalmente riformate in appello in una percentuale superiore al 40 per cento della media nazionale, si dovrebbero veder negato il giudizio di idoneità quadriennale» ). Infine, «servono strumenti e incentivi adeguati di risoluzione extra- giudiziale», per uscire da una visione «tribunal- centrica» delle controversie tra privati e «misure straordinarie per ridurre la consistenza dei processi arretrati», come «incentivi fiscali per la risoluzione extragiudiziale volontaria delle cause pendenti».