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File interminabili. Strumenti telematici che non funzionano o che non sono in grado di risolvere i problemi. Cancellerie non operative al 100% e regole incerte. La fase di ripresa post lockdown nei tribunali è un rompicapo. Con una situazione certamente migliore rispetto al periodo di blocco imposto dall’emergenza Covid, ma tale da non consentire un’effettiva ripartenza della macchina della Giustizia. I tribunali di Milano, Roma e Napoli ne sono un esempio: la difficoltà principale, a sentire i presidenti dei rispettivi Coa, hanno a che fare proprio con l’attività di cancelleria, che necessariamente blocca e condiziona tutto il lavoro degli avvocati. E anche se «la situazione è quasi normale», come spiega Giuseppe Belcastro, responsabile dell’Osservatorio dati Ucpi, «i ritmi non sono quelli di prima». Le udienze, bene o male, sono riprese. Ma alle cancellerie «si accede ancora tramite e- mail - spiega Belcastro, che sta raccogliendo le segnalazioni dalle Camere penali di tutta Italia -. Il nostro lavoro non è sempre programmabile: a volte devi controllare un fascicolo e scappare a fare altro, cose che attualmente sono una chimera. Per farlo, ora, bisogna mandare una pec, prendere un appuntamento, o fare la fila sperando che ci sia il tempo per arrivare in udienza. C’è una distanza tra fascicolo e avvocato che prima non c’era». A Roma c’è ancora il punto unico deposito atti, che genera un’unica lunga fila, in barba alle norme di distanziamento e anche se le udienze sono scaglionate, l’emergenza comporta l’impossibilità di stare tutti insieme contemporaneamente in aula. E quindi l’assembramento si sposta semplicemente nei corridoi, dove le distanze sono quasi annullate. Una situazione, sostiene Belcastro, sostanzialmente conforme sul territorio. Le possibilità di migliorare ci sono, ricorrendo, ad esempio, al telematico per materie semplici, come il deposito atti o i fascicoli online, che consentirebbero di evitare inutili file in cancelleria. Cose attualmente impossibili, mentre il rischio di ripristinare il processo penale da remoto continua a “minacciare” i sogni degli avvocati. «Ma il processo penale non è un orpello», contesta Belcastro.
A Roma, spiega il presidente del Coa Antonino Galletti, il problema principale è la carente copertura telematica dei servizi. E così nonostante il covid e nonostante si possa fare ormai praticamente tutto da casa con un click, «gli avvocati sono costretti ad andare in cancelleria per fare la stragrande maggioranza degli adempimenti», spiega Galletti. Secondo cui il primo problema è la mancata fornitura, da parte del ministero, di tutti i dispositivi necessari alle cancellerie per lavorare da remoto, cosa fatta solo in maniera molto parziale. Il secondo problema riguarda la delega ai capi degli uffici giudiziari a disporre le misure organizzative, che soprattutto in tribunali e corti d’appello complessi come quelli di Roma «ha determinato un moltiplicarsi di centri decisionali, rendendo veramente complicato il lavoro degli avvocati e soprattutto la tutela dei diritti e delle libertà dei cittadini». Così le regole da seguire per una sezione non sono uguali a quelle di un’altra e la collaborazione tra uffici e avvocati varia a seconda della sensibilità del singolo capo. Se nei settori in cui il processo telematico funziona i numeri delle udienze sono in netto miglioramento, spiega Galletti, laddove il telematico non è ancora utilizzato a dovere «siamo all’anno zero: se il magistrato non prende materialmente il fascicolo cartaceo non può studiarlo, così come se l’avvocato non deposita la memoria materialmente non può farlo altrimenti». E ciò nonostante la tecnologia non manchi: «Al Tar e al Consiglio di Stato già da due anni il processo amministrativo è telematico. Se un modello funziona, perché non lo si utilizza?».
Anche a Milano, spiega il presidente Vinicio Nardo, il problema principale è rappresentato dalle cancellerie. Alcune con poco personale, altre costrette a chiudere per quarantene familiari, il tutto in assenza di linee guida. «I rimedi che sono stati assunti in precedenza non ci sono più sottolinea - e chi non ha abbastanza buon senso si adagia sulla cortina burocratica della procedura». Le udienze, invece, registrano ancora problemi di assembramento, risolti, anche in questo caso, sulla base di accordi affidati alla buona volontà del singolo magistrato. «Abbiamo ottenuto, grazie alla disponibilità di alcuni giudici, di avere il giorno prima un elenco delle udienze scaglionate in base all’orario di chiamata - spiega Nardo -. Ma ci sono situazioni incresciose, come processi celebrati con gli avvocati addirittura fuori dalle aule». Il numero di processi, anche qui, è molto diminuito e mancano sistemi di contraddittorio alternativo, come la videoconferenza e il processo cartolare. «C’è, da un lato, la paura che si possa approfittare del processo da remoto, ma c’è anche la volontà, data la difficoltà a stare in tribunale, a celebrare con metodi alternative tutte quelle udienze che non presuppongono una partecipazione attiva. È questa una fase di normalità delle norme in una situazione di anormalità. Non rimpiangiamo il proliferare di linee guida - conclude Nardo -, però ci manca un punto di riferimento. Ed è tutto molto indecoroso, perché il ministero continua a dire: “arrangiatevi”».
L’ascia di guerra tra cancellieri e avvocati, a Napoli, non è del tutto sotterrata, ma la situazione è di certo migliorata, spiega il presidente Antonio Tafuri. E se con il civile la trattazione scritta ha consentito lo svuotamento del tribunale, nel penale le udienze stanno andando avanti con una certa regolarità, seppure generalmente a porte chiuse. Proprio ieri, però, tutte le regole anticovid sono saltate nel corso del processo “Concorsopoli”, che conta più di 150 imputati, con maxi assembramento nei corridoi. «Il giudice non ha adottato nessuna misura organizzativa particolare - sottolinea Tafuri -. quindi si è creato un grosso caos». Le cancellerie funzionano ancora soltanto su prenotazione obbligatoria, «anche se il clima di collaborazione con il personale è stato recuperato». Le udienze sono state organizzate suddividendole in fasce orarie e «questo consente di evitare che si affollino tutte le chiamate contemporaneamente. Talvolta questo non succede, ma dipende dal singolo magistrato o dalla singola cancelleria. Il sistema - conclude - ci sta consentendo di fare i processi sia civili che penali. È chiaro, però, che sul civile non aspettiamo altro che la fine di questa trattazione scritta: ci sono dei momenti in cui le nostre possibilità difensive sono mortificate - conclude -. Tiriamo avanti, in attesa di tornare quanto prima alla normalità» .