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Luca Morisi
Prima lo sputtanamento, poi la richiesta di archiviazione. Si conclude così la vicenda di Luca Morisi, ex responsabile della comunicazione del leader della Lega, Matteo Salvini, e inventore della “Bestia”, la macchina social che ha fatto guadagnare all’ex ministro dell’Interno milioni di follower. L’uomo ad agosto era finito in un’indagine per cessione di stupefacenti dopo che i Carabinieri, su segnalazione di due giovani escort romeni - Alexander e Petre - con i quali aveva trascorso la notte, avevano scoperto nella sua casa di Belfiore una piccola quantità di cocaina. La Procura di Verona - come anticipato ieri dal Corriere della Sera - chiederà a breve l'archiviazione per «particolare tenuità del fatto»,sia per la cocaina sia per la droga dello stupro. Il consumo di gruppo è stato escluso per l’assenza di un «preventivo accordo» di scambio di droga tra Morini e i due ragazzi rumeni. Tutto è cominciato il 14 agosto, a poche settimane dalle elezioni amministrative, quando Morisi contatta attraverso un sito di incontri uno dei due ragazzi, chiedendogli di raggiungerlo a Belsito insieme all’amico, accordandosi per il pagamento di 2.500 euro. I due arrivano a casa di Morisi alle 4 di mattina, per poi contattare i carabinieri alle 15.30, denunciando un presunto furto. All’arrivo dei militari i tre stanno litigando nel cortile della villetta: «Abbiamo consumato cocaina, ce l'ha data lui», dice dunque Petr, intenzionato a denunciare Morisi. I militari trovano 0,31 grammi di cocaina in casa, nascosti in un libro, mentre altri residui vengono trovati su due vassoi. Secondo quanto accertato, il flacone di “droga dello stupro”, ovvero la Ghb, sarebbe stato portato da uno dei due ragazzi, e non procurato da Morisi, come si evincerebbe dalle stesse chat scambiate tra i tre su un sito di incontri. «Ti portiamo G. Tu cosa usi?», avevano scritto i due giovani, che nelle settimane successive hanno rilasciato interviste raccontando che era stato proprio l’ex guru social di Salvini a cedere loro la sostanza. E dal suo zaino era spuntato un flaconcino di Ghb. La cocaina era, invece, effettivamente di Morisi, il cui avvocato, Fabio Pinelli, ha spiegato essere stata acquistata «per la serata» ma senza «accordo preventivo» per usarla in tre. La procura ha quindi escluso dunque il «consumo di gruppo». Dopo lo scandalo che lo aveva travolto, Morisi aveva lasciato la guida della “Bestia”, giustificando inizialmente la questione con «motivi personali». Ma quando la notizia dell’indagine sul suo conto è stata resa nota dai giornali, lo spin doctor ha chiarito la sua posizione, affermando di avere delle fragilità esistenziali irrisolte: «Non ho commesso alcun reato ma la vicenda personale che mi riguarda rappresenta una grave caduta come uomo. Chiedo innanzitutto scusa per la mia debolezza e i miei errori a Matteo Salvini e a tutta la comunità della Lega, a mio padre e ai miei famigliari, al mio amico di sempre Andrea Paganella a fianco del quale ho avviato la mia attività professionale, a tutte le persone che mi vogliono bene e a me stesso». Il dubbio, però, è che dietro la vicenda giudiziaria di Morisi si nasconda una sorta di trappola: l’ex responsabile della Bestia non è infatti visto di buon occhio da una parte del Carroccio, che ritiene troppo aggressive le sue campagne social, le stesse che, poi, gli si sono rivoltate contro. Tant’è che dopo lo scandalo uno dei primi a scagliarsi contro di lui fu proprio un leghista, Simone Pillon, che parlò di «giustizia divina» che «ha fatto il suo corso». Ogni aspetto della sua vita personale è finito in pasto alla stampa, che per giorni ha affrontato la vicenda come un grosso scandalo, quasi Morisi fosse paragonabile a Pablo Escobar. Dopo la notizia della prossima archiviazione dell’inchiesta, sulla quale comunque tocca attendere la decisione del gip, sono i deputati di Italia Viva a invocare uno stop alla gogna mediatica, pur rivendicando un diverso stile rispetto a quello di Morisi. «Massacrato per giorni, come del resto lui stesso ha fatto con gli avversari della Lega in questi anni (spesso contro persone neppure indagate). Ma siamo diversi e diciamo che celebrare i processi sui media è indegno di uno stato democratico, anche se la vittima è Luca Morisi, l'ideatore della “Bestia” di Salvini. Bisogna mettere fine a questa pratica, è una questione che riguarda tutti. Nessuno escluso», ha scritto su Twitter Marco Di Maio, vice-presidente del gruppo di Iv alla Camera. «La macchina del fango e dell’odio è riuscita a distruggere la vita di una persona in due settimane. Oggi i pm chiedono l’archiviazione. Morisi non è un nostro amico e con noi ha fatto le stesse cose che hanno fatto a lui. Ma basta Bestie, basta gogne, basta linciaggi. Garantismo e rispetto per le persone», ha aggiunto su Facebook la deputata Raffaella Paita. Silenzio, invece, da parte di Salvini.