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Le «specifiche ragioni di interesse pubblico» delle informazioni fornite dalle procure ai mezzi d'informazione «andranno valutate con riferimento al territorio ove si cala la notizia, con riguardo al tasso di criminalità ed all'attenzione mediatica per particolari aspetti sociali, oltre che nella doverosa considerazione dei criteri di priorità nell'esercizio dell'azione penale, individuati» dai capi degli Uffici. A scriverlo è il procuratore generale di Perugia Sergio Sottani, che ha fornito alle procure del proprio distretto un vademecum sulla direttiva sulla presunzione di innocenza. Dottor Sottani, la nuova direttiva ha diviso i suoi colleghi tra chi la considera una vera e propria censura e chi, invece, rimarca la doverosità di applicare un principio già esistente ma che spesso è rimasto solo sulla carta. Lei come la giudica? Sono dell’opinione che la normativa raccolga la condivisibile esigenza di tracciare i contatti tra magistrati ed informazione al fine di rendere trasparenti le informazioni che vengono rese sui procedimenti penali nella fase delle indagini. Tuttavia, l’eccessiva formalizzazione delle modalità di comunicazione, rappresentate da comunicati ufficiali e conferenze stampa, rischia di ottenere l’effetto opposto e favorire nella prassi forme di elusione, difficilmente individuabili e, come tali non sanzionabili. La sua circolare richiama il discorso da lei pronunciato in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, evidenziando sia l'importanza dell'informazione sia il dovere dei magistrati di rispettare i diritti di tutte le parti, compresi indagati e imputati, e quindi evitare la spettacolarizzazione. Qual è secondo lei attualmente il rapporto tra giustizia penale e informazione? Ritengo che la cronaca giudiziaria occupi un posto di rilievo nell’informazione, soprattutto quella locale. Questo non credo sia un’aspirazione dei magistrati ma piuttosto un’esigenza degli organi di informazione che agiscono sul territorio. È necessario, in questi casi, evitare che l’informazione da parte dell’autorità giudiziaria venga resa in maniera distorta e fuorviante, ma appaia, oltre che essere, la più obiettiva ed imparziale. La possibilità di monitorare queste comunicazioni da parte dell’autorità giudiziaria, soprattutto quella inquirente, può in ipotesi consentire di verificare il rispetto dei requisiti di una corretta informazione. Di certo va evitata, da parte dei magistrati, ogni forma di personalizzazione, di spettacolarizzazione e di anticipazione dell’esito dei processi. Nella sua circolare lei parla della possibilità che la comunicazione sia anche orale - sempre se trasparente - e rimarca il concetto di notizia di interesse pubblico, per il quale lei fa riferimento anche alla realtà territoriale e all'attenzione mediatica. In questo modo non si rischia, in qualche misura, di eludere la direttiva? Servono, forse, indicazioni più chiare? La nozione di “interesse pubblico” che giustifica il rilascio di comunicati ufficiali non può essere individuata esclusivamente sulle sensibilità del singolo procuratore della Repubblica, ma deve tener conto anche del contesto sociale in cui un ufficio giudiziario opera. Naturalmente delle indicazioni nazionali sarebbero assolutamente auspicabili, e probabilmente verranno redatte, quanto meno dal Csm o dal procuratore generale della cassazione, ma resta il fatto che la formula impone un margine di discrezionalità non eliminabile. I suoi riferimenti alle precedenti circolari del Csm fanno capire che il problema della correttezza dei rapporti tra magistratura e stampa non è nuovo, tuttavia in questi anni c'è stata una gestione ' selvaggia', in alcuni casi, della comunicazione tra le due parti, spesso a scapito della presunzione d'innocenza e dei piccoli giornali. Questa direttiva può scardinare queste storture? La direttiva cerca di risolvere un problema che indubbiamente si è constatato in questi anni di informazione giudiziaria, rappresentato da una rappresentazione spettacolare e fortemente irrispettosa della presunzione di innocenza. Mi ricordo che alcuni anni fa mi è capitato di discutere pubblicamente di un libro bianco della Camera Penale forense sui rapporti tra mezzi di comunicazione e processo penale, in cui venivano segnalate delle gravi cadute di professionalità nella comunicazione di informazioni sui processi penali. La nuova normativa sicuramente invita ad un particolare rigore nelle forme di comunicazione ma, ripeto, nel suo tentativo di creare un rigido regime nelle forme rischia, di fatto, di mantenere inalterate le precedenti storture.