La
sentenza della Corte Europea di Strasburgo che ha
condannato l’Italia per aver trattenuto in carcere un ragazzo con problemi psichiatrici è sicuramente significativa, ma quando parla di “cura” si pensa subito all’internamento.
Il rischio è che le residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) non diventino più l’extrema ratio, ma la prassi. Senza una riforma radicale contro la non imputabilità e il doppio binario del Codice fascista Rocco, si rischia di ritornare alla logica dei manicomi. Questo lo sa bene Franco Corleone, ex commissario unico per il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), che ha fin da subito posto il problema del codice penale invariato e dei nodi e le contraddizioni che da sempre caratterizzano la misura di sicurezza detentiva psichiatrica. Il superamento degli Opg è stata una grande conquista perché ha messo fine ad una storia di violenze, spoliazioni e condizioni di vita inumane, relazionate dall’allora Commissione d’inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del sistema sanitario nazionale, presieduta da Ignazio Marino.
La riforma degli Opg prevede un nuovo sistema di presa in carico dei “folli rei”
La riforma che ha superato gli Opg, istituisce un nuovo sistema di presa in carico dei “folli rei” (le persone che hanno commesso un reato dichiarate “inferme di mente” e prosciolte), in cui le Rems dovrebbero rappresentare l’anello ultimo e residuale nelle offerte di cura da prestarsi di norma sul territorio.
Le Rems, dunque, non rappresentano dunque la sostituzione degli Opg, poiché, nello spirito della riforma, la misura di sicurezza detentiva dovrebbe essere una extrema ratio. Ma è proprio qui sta uno dei punti critici della riforma, poiché questo principio cardine, che segna la netta discontinuità con il modello precedente, appare ben poco applicato. Sì, perché i dati dimostrano che è cresciuto il numero di applicazioni delle misure di sicurezza presso le Rems.
Il principio di extrema ratio della misura detentiva è largamente disatteso
Accade quindi che il numero delle persone in lista d’attesa aumenta e la soluzione prospettata da più fronti sarebbe quella di aumentare il numero dei posti nelle Rems. Ma è sbagliato.
Le Rems si differenziano dai precedenti Opg per alcune caratteristiche: il principio di territorialità, il numero chiuso, la messa al bando della contenzione e la gestione affidata al Servizio sanitario, senza la presenza di Polizia penitenziaria. In più, la misura di sicurezza detentiva in Rems ha un limite temporale. La gestione sanitaria di queste residenze, col rispetto rigoroso del numero massimo di posti previsti per ciascuna struttura, ha garantito cure adeguate e programmi di reinserimento efficaci. La presenza delle liste di attesa non è imputabile alla carenza di posti nelle Rems, né tantomeno alla gestione sanitaria che impone il numero chiuso per rispettare la qualità delle cure prestate; ma piuttosto al principio di extrema ratio della misura di sicurezza detentiva che la legge ha sancito, ma largamente disatteso nella pratica giudiziaria.
Franco Corleone: è necessario intervenire su imputabilità e doppio binario
Per Franco Corleone c’è bisogno di intervenire tramite una riforma che decostruisca «quel fondamento, quella logica di fondo, di derivazione criminologico-positivista del nesso tra malattia mentale, pericolosità sociale e custodia». L’ex commissario sottolinea che «la psichiatrizzazione dei comportamenti e degli stati di salute nella migliore delle ipotesi conduce ad interventi di paternalismo solidarista, quando non scivola in un paternalismo a vocazione autoritaria». Per questo è importante riconoscere le contraddizioni e affermare la necessità di intervenire su due nodi: quello dell’imputabilità e il doppio binario.
La proposta di legge di Riccardo Magi riconosce piena dignità al malato di mente
Ma una soluzione c’è, ed è quella di approvare
la proposta di legge a firma del deputato Riccardo Magi di +Europa, depositata l’11 marzo del 2021. Ed è frutto di un’elaborazione collettiva, sostenuta da un manifesto-appello indirizzato alla società civile, promosso da La Società della ragione, l’Osservatorio sul superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, il Coordinamento delle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza e dei dipartimenti di salute mentale (Dsm) e Magistratura democratica e firmato da giuristi, avvocati, operatori nel campo psichiatrico e militanti delle associazioni per la riforma della giustizia.L’idea centrale della proposta di legge a firma di Magi, è quella del riconoscimento di una piena dignità al malato di mente, anche attraverso l’attribuzione della responsabilità per i propri atti. Il riconoscimento della responsabilità cancellerebbe una delle stigmatizzazioni che comunemente operano nei confronti del folle. La capacità del folle di determinarsi non sarebbe completamente annullata in ragione della patologia e si verrebbe a rompere una volta per tutte quel nesso follia-pericolo che è stato alla base non solo delle misure di sicurezza, ma anche dei manicomi civili.
L’abolizione della nozione di non imputabilità è stata sostenuta da alcuni psichiatri e attivisti per la salute mentale, proprio come forma di riconoscimento di soggettività al malato di mente, in questo caso autore di reato. Il riconoscimento della responsabilità è anche ritenuto essere un atto che può avere una valenza terapeutica. «Dopo cinque anni dalla chiusura degli Opg è necessario un passo ulteriore. Occorre rispondere alle spinte regressive, che mettono in discussione alcuni dei capisaldi della Legge 81/2014, come il numero chiuso nelle Rems e il principio di territorialità delle strutture, proseguendo nella direzione della riforma e superando il “doppio binario” pena-misura di sicurezza», sottolinea il deputato Magi come introduzione della proposta di legge. Tra i vari punti della proposta, è degno di nota il punto 4, ovvero la “Predisposizione di misure atte a evitare la carcerazione per il detenuto con disabilità psicosociale”. Per rendere effettivo e celere l’interessamento del dipartimento di salute mentale e, di conseguenza, la possibilità dell’imputato di accedere a misure cautelari non detentive, il punto interviene sull’articolo 73 del codice di procedura penale prevedendo che il giudice possa chiedere al dipartimento di salute mentale di relazionare sulle condizioni di salute dell’imputato e di predisporre un programma di cura e di assistenza individualizzato, in cui siano delineati i percorsi terapeutici più adeguati, con particolare attenzione a quelli non detentivi.
Si prevedono misure alternative ad hoc per chi è affetto da patologia psichiatrica
Per scongiurare l’ingresso in carcere di una persona con disabilità psicosociale, che durante il processo sia rimasta in libertà o sia stata sottoposta a una misura cautelare non detentiva e che abbia potuto accedere a una misura alternativa nella prima fase dell’esecuzione, la proposta di legge prevede una sospensione dell’ordine di esecuzione ad hoc. Si prevedono, inoltre, misure alternative ad hoc per la persona affetta da patologia psichiatrica, sulla falsariga di quanto previsto per i tossicodipendenti. Per accedere a queste
misure alternative la condizione di salute della persona deve essere accertata dal dipartimento di salute mentale, che provvede anche alla predisposizione di un programma di cura e di assistenza. All’istanza di misura alternativa deve essere allegata la certificazione da parte del Servizio sanitario nazionale. Parliamo in generale, di una proposta di legge che valorizza le Rems, ma riconvertendole in strutture ad alta integrazione sociosanitaria, quali articolazioni dei Dipartimenti Salute Mentale.