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L’ora x che renderà obbligatorio sui luoghi di lavoro il green pass scatterà domani. Mentre l’obbligatorietà della certificazione verde sta accrescendo le tensioni in Italia, la giustizia comunitaria chiarisce sempre di più il tema e sgombera il campo da equivoci. A Trieste il Comitato dei lavoratori portuali ha annunciato che se non verrà ritirato l'obbligo del green pass dal 15 ottobre bloccherà le attività del porto. La Corte europea dei diritti dell’uomo, invece, con una decisione resa pubblica pochi giorni fa, ha affermato che la certificazione verde non è equiparabile ad un obbligo vaccinale. Il green pass non costituisce pertanto un attacco ai diritti umani e il giudice sovranazionale non può sostituirsi alla giurisdizione dei singoli Stati.
I giudici della Cedu sono intervenuti su un ricorso presentato da un cittadino francese, Guillaume Zambrano. La Francia per fronteggiare l’emergenza Covid ha adottato numerosi provvedimenti con i quali è stata prevista la presentazione del green pass per entrare in determinati luoghi chiusi, senza però disporre alcun obbligo vaccinale, eccezion fatta per alcune categorie di lavoratori. Tra questi medici e infermieri. Zambrano ha contestato nei mesi scorsi l’istituzione del green pass nel suo Paese con la creazione di un movimento, denominato “No Pass!”, e di un sito internet per opporsi alle decisioni, a suo dire liberticide, delle autorità d’oltralpe. Il ricorso è stato dichiarato irricevibile. È stato evidenziato che il ricorrente ha architettato una vera e propria strategia legale per inondare la Cedu con una marea di ricorsi ( circa 18mila) aventi lo stesso oggetto. I giudici di Strasburgo hanno contestato le modalità del ricorrente per chiedere giustizia, definendole incompatibili con gli obiettivi che regolano i ricorsi individuali davanti alla Cedu. A Zambrano è stata contestata una condotta volta ad inceppare il funzionamento della Corte.
Ma quali sono state le argomentazioni di Zambrano alla base del suo ricorso? L’uomo ha lamentato la contrarietà delle regole francesi sul green pass in riferimento all’articolo 3 della Convenzione sul divieto di trattamenti inumani e degradanti, all’articolo 8 sul diritto al rispetto della vita privata e familiare, all’articolo 14 sul divieto di discriminazione e all’articolo 1 del Protocollo n. 12 sul divieto generale di discriminazione. Questo Protocollo, però, risulta non ratificato da Parigi. Il docente francese ha argomentato evidenziando che la legge sul pass sanitario rappresenta uno strumento per obbligare le persone a vaccinarsi, con la conseguenza che il vaccino rischia di far soffrire fisicamente chi lo riceve con pericoli per l’integrità fisica. Nel ricorso è stato pure rilevato che il green pass costituisce un'ingerenza discriminatoria nella vita privata dei cittadini.
Nella decisione definitiva che ha rigettato il ricorso la Cedu ha osservato che Zambrano non ha fornito informazioni su come la legge sul pass sanitario violi i suoi diritti. La decisione 41994/ 21 ha consentito alla Corte europea dei diritti dell’uomo di accendere i riflettori sulla strategia legale adottata. Tutta improntata a generare una sorta di caos legale, in chiaro contrasto con lo spirito della Convenzione. Altro aspetto sul quale si è soffermata la Cedu è quello della qualità di vittima in capo al ricorrente: Guillaume Zambrano non ha dimostrato che le norme francesi impongono un obbligo di vaccinazione nei suoi confronti, dato che tale obbligo interessa solo determinate categorie di lavoratori.
Non è stato provato, inoltre, che le leggi contestate hanno inciso sul suo diritto individuale al rispetto della sua vita privata, così come non è stata provata l’incidenza delle norme sul green pass sui diritti convenzionali nel caso di persone vaccinate. Altro aspetto che emerge dalla decisione dei giudici di Strasburgo concerne l’irricevibilità del ricorso, in quanto Zambrano non ha adito prima i tribunali francesi, senza dimostrare che il mancato coinvolgimento della magistratura francese non avrebbe sortito alcun effetto. Si tratta di due condizioni essenziali per l’esame di un ricorso da parte della Cedu, da cui è scaturito anche l’abuso del diritto di ricorso con il solo scopo «imbottigliare, ingolfare e inondare» la Corte di Strasburgo.