Ha ragione Ornella Favero, direttrice della redazione
Ristretti Orizzonti ad indignarsi dei giornalisti che non hanno verificato la falsa notizia dei 28 milioni stanziati per le “casette dell’amore”, tra l’altro
rilanciata puntualmente dal magistrato Nicola Gratteri. Il 24 maggio scorso,
Il Dubbio ha pubblicato un
articolo rilevando che la proposta di legge sull’affettività è purtroppo ancora nel mondo dei sogni visto che la commissione Giustizia del Senato ancora non l’ha messa all’ordine del giorno, così come gli eventuali fondi serviranno in previsione di tale proposta rimasta nel limbo.
Quando la politica diventa ostaggio della disinformazione
Dalle famose “scarcerazioni” durante il covid alle “casette dell’amore”,
il tema carcere affrontato dai giornali si presta a numerose bufale per creare indignazioni e quindi con la conseguenza di regredire sempre di più. La politica diventa così ostaggio della disinformazione. Accade con altri temi dove le persone non possono avere sempre gli strumenti per capire. Basti pensare alle tesi sulle stragi di mafia. Quasi tutti i giornalisti, tranne questo giornale che tenta di approfondire e scavare a fondo, copiano e incollano le tesi evocate e si crea un danno enorme.
Il ministero della Giustizia «non ha assunto alcuna iniziativa»
Ritornando al tema penitenziario, il gioco è ancora più facile perché si cavalca e si amplifica il cosiddetto populismo penale. Vale la pena riportare anche su
Il Dubbio, ciò che ha denunciato Ornella Favero. La direttrice di
Ristretti Orizzonti spiega come stanno le cose:
la Regione Toscana ha presentato nel 2020 un disegno di legge sull’affettività delle persone detenute (e anche la Regione Lazio) e, spiegano fonti del ministero della Giustizia in un comunicato, «nello scorso mese di marzo la 5a commissione del Senato (Bilancio) ha richiesto al ministero della Giustizia tramite il Dipartimento per i rapporti con il Parlamento una relazione tecnica su una stima di massima dei costi di realizzazione». I tecnici del ministero, chiamati a rispondere, hanno trasmesso una valutazione orientativa dell'eventuale impatto economico dell'intervento, ma il ministero della Giustizia «non ha assunto alcuna iniziativa né ha espresso valutazioni politiche, ma è stato chiamato ad esprimere un doveroso supporto tecnico ad attività di tipo parlamentare».
La direttrice di Ristretti Orizzonti: «Possibile che nessun giornalista o politico abbia pensato di fare delle verifiche?»
A quel punto, la direttrice di
Ristretti, giustamente si indigna e si domanda retoricamente: «È possibile che nessun giornalista o politico abbia pensato di fare delle verifiche di notizie, che apparivano veramente sconclusionate al limite del ridicolo? Il fatto è che siamo abituati, nel nostro Paese, a ridicolizzare nel modo più triste e squallido quello che ha a che fare con gli affetti e con la sessualità delle persone detenute, e riteniamo lecito dire qualsiasi schifezza in materia, a partire dalla solita definizione di “celle a luci rosse”, mentre negli altri Paesi, evidentemente più civili del nostro, si pensa a fare leggi sensate e si capisce che in carcere ci stanno persone, che come tali vanno trattate».
Ristretti Orizzonti si "candida" a gestire la comunicazione
Ornella Favero denuncia anche che il ministero della Giustizia e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria non sono riusciti a fare una comunicazione attenta, tempestiva, precisa, esauriente su questa vicenda. «Ci candidiamo allora – scrive sempre Favero -, con la nostra Rassegna Stampa quotidiana, Ristretti News, a fare noi questo lavoro, e magari a essere riconosciuti e sostenuti, perché sappiamo che tanta parte dell’Amministrazione Penitenziaria legge il nostro Notiziario, e sappiamo anche che per sopravvivere dobbiamo fare i salti mortali».
La redazione è composta da giornalisti detenuti "dilettanti"
Sottolinea che dirige Ristretti Orizzonti, un giornale di giornalisti detenuti “dilettanti”, e che per giunta, se sono finiti in carcere, «è perché spesso nella vita non si sono distinti per il rispetto delle regole, quindi gli dovrei poter portare come esempio i professionisti dell’informazione che fanno questo mestiere da anni, e invece spesso succede il contrario, che
siamo noi che stiamo molto più attenti di loro alle parole, ai contenuti, al rispetto dei lettori». E conclude: «Rispetto dei lettori significa rispetto dei lettori “liberi”, e noi lo abbiamo perché le persone in carcere sanno mettersi in discussione, confrontarsi con le vittime, assumersi le loro responsabilità, e rispetto dei lettori detenuti e delle loro famiglie, che in tutta questa storia si sono visti trattati con disprezzo, volgarità, miserabili bugie».