I suicidi in carcere, il sovraffollamento e le tante speranze deluse degli oltre 61mila detenuti nelle carceri italiani attendono risposte dal governo che tardano ad arrivare. La situazione continua a essere drammatica, come testimoniano le proteste nei penitenziari. Nel pomeriggio di lunedì tre detenuti sono saliti sul tetto del Pagliarelli di Palermo e, dopo aver trascorso anche la notte sono scesi. Stessa cosa è accaduta a un detenuto a Porto Azzurro.

La situazione difficile viene testimoniata dalle lettere che riceviamo. Dopo quella dei detenuti di Novara, pubblicata ieri, un recluso a Bollate, Lucio, ha scritto a Roberto Giachetti, deputato di Italia Viva, con il quale ha una fitta corrispondenza dall’inizio dell’anno, innanzitutto per ringraziarlo della sua sensibilità e attenzione nei confronti delle persone private della libertà. «Le assicuro che i detenuti non hanno sottovalutato la forza della sua azione e hanno apprezzato questa sua determinazione, a sostegno di una iniziativa che si è levata sola come un grido nel deserto, quale strumento concreto rispetto ai proclami vuoti di chi a dispetto del ruolo forse un carcere italiano non lo ha visto da dentro con attenzione».

Lucio sollecita Giachetti a organizzare una assemblea o un dibattito televisivo, al quale da semilibero potrà partecipare. E allega una lettera- manifesto per una proposta provocatoria di ribellione non violenta ai compagni e alle compagne di detenzione. «Occorre - scrive Lucio in questo momento delicato di sovraffollamento degradante e disumano e di morte nelle carceri italiane, dare un segnale diverso, porre in atto una protesta forte e silenziosa capace di destare tanto rumore da costringere la sorda politica al confronto. Anziché protestare in modo scomposto e violento rifiutando di rientrare nelle celle bruciando materassi e distruggendo i pochi vetusti arredi, alla fine facendo il gioco della politica che ha anche inasprito le pene per i responsabili di proteste e sommesse dentro le carceri, a riprova del braccio di ferro intrapreso, occorre disarmare la politica, renderla incapace di reazione: come? Una protesta silenziosa e non violenta, che Pannella apprezzerebbe, comprendendone la disarmante efficacia: l’invito a tutti i detenuti nei penitenziari italiani a : - NON uscire dalle celle quando vengono aperti i cancelli non andando all’aria e rimanendo sulle brande; - Non consumare i pasti rifiutando di ritirarli quando vengono distribuiti - NON effettuare acquisti ( spesa) di qualsiasi genere ( alimenti e tabacco) - Accettare solo i medicinali prescritti e bere acqua. Il tutto per sette giorni consecutivi, tutti simultaneamente con battitura delle sbarre una volta al giorno per 30 minuti dalle 12 alle 12,30 e richiedendo in ogni carcere la presenza/ visita congiunta del ministro del presidente della Corte costituzionale e del Garante dei detenuti.

Si tratterebbe di una protesta silenziosa che finirebbe per fare molto rumore, disinnescando qualsivoglia scontro, e pretesto per dire che i detenuti hanno provocato disordini e sommesse e quindi vanno puniti. Una protesta silenziosa e gandhiana che potrebbe rivelarsi capace di elevare alto il grido della indignazione!», conclude Lucio.