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Non solo i giornalisti, ma anche quattro avvocati, ascoltati dalle spie della procura di Trapani nello svolgimento della propria attività professionale. È quanto emerge dagli atti dell’inchiesta sulle ong, finita nella bufera a seguito dello scoop del quotidiano Domani sulle conversazioni di diversi giornalisti spiati dagli inquirenti mentre discutevano con le proprie fonti sui flussi migratori sulla rotta Libia-Italia. Intercettazioni effettuate e trascritte nonostante giornalisti ed avvocati coinvolti non risultassero iscritti nel registro degli indagati. Le conversazioni sono state registrate nell’ambito di un'indagine avviata dalla procura siciliana nel 2016, con lo scopo di fare luce sull'attività delle ong attive in mare per soccorrere i naufraghi che cercavano di raggiungere le coste europee. Un’inchiesta, hanno evidenziato Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista e Stefano Galieni, responsabile immigrazione Prc-S.E, «partita su Servizio Centrale Operativo», alle dipendenze del ministero dell'Interno, allora guidato da Marco Minniti. Si tratta di circa 30mila pagine - 100 cd contenenti intercettazioni telefoni, 300 di ambientali - depositate con l’avviso di conclusione delle indagini che portarono al sequestro della nave Iuventa, della Ong tedesca Jugend Rettet, accusata di concordare i soccorsi con i trafficanti. I cronisti, come la giornalista di inchiesta Nancy Porsia, ascoltata anche al telefono con la propria avvocata, Alessandra Ballerini, sarebbero stati ascoltati per mesi e agli atti dell’inchiesta risulta anche la trascrizione di brani di colloqui relativi alle indagini su Giulio Regeni, la cui famiglia è rappresentata sempre dall’avvocata Ballerini. Ma tra le persone intercettate dalla polizia giudiziaria ci sono anche quattro avvocati - oltre Ballerini si tratta di Michele Calantropo, Fulvio Vassallo Paleologo e Serena Romano -, ascoltati dagli uomini in divisa mentre discutevano con i propri clienti di strategie difensive. E ciò nonostante quanto previsto dall’articolo 103 del codice di procedura penale, che al comma 5 vieta l'intercettazione relativa a conversazioni o comunicazioni dei difensori. Secondo la norma, tali conversazioni sono inutilizzabili e il loro contenuto non può essere trascritto, neanche sommariamente. Ciononostante, però, in quelle 30mila pagine compare anche l’attività degli avvocati, spiata senza che alcuno dei professionisti risultasse indagato. Sul punto il procuratore reggente di Trapani Maurizio Agnello ha garantito che le telefonate non verranno utilizzate. «Sia io che le colleghe (le sostitute Brunella Sardoni e Giulia Mucaria, ndr) - siamo arrivati a Trapani due anni dopo che quelle intercettazioni erano state effettuate. Posso solo dire che non fanno parte dell'informativa sulla base della quale chiederemo il processo e che dunque non possono essere oggetto di alcun approfondimento giudiziario. Non conosco quelle intercettazioni che naturalmente abbiamo dovuto depositare ma che non useremo». Il bubbone è però ormai scoppiato. E la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ora vuole vederci chiaro. È per questo motivo, dunque, che ha deciso di avviare accertamenti sulla procura di Trapani, scelta che potrebbe portare, in futuro, anche all'invio degli ispettori. Attualmente, però, si tratta di una verifica preliminare, successiva alle richieste avanzate dai parlamentari Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana e Erasmo Palazzotto di Leu, che avevano annunciato la presentazione di interrogazioni sulla vicenda. E lo stesso aveva fatto il Pd, che ha chiesto chiarimenti attraverso un’interrogazione a firma di Stefano Ceccanti e altri 23 deputati dem, con la quale hanno chiesto un'ispezione alla procura di Trapani per verificare «lo scrupoloso rispetto di importanti principi costituzionali». Bazzecole, per Fratelli d’Italia, secondo cui l’inchiesta avvalorerebbe la tesi delle destre su accordi criminali tra volontari e trafficanti, tutti d'accordo per far arrivare in Italia migliaia di migranti. «Gli inquirenti siano lasciati liberi di svolgere il loro dovere senza alcun genere di intromissione e pressione eversiva», ha commentato il Questore della Camera e membro della commissione Affari Esteri Edmondo Cirielli, di Fratelli d’Italia. Che punta il dito contro Cartabia e il suo «attivismo»: «Invece di tutelare il lavoro investigativo dei magistrati e di condannare il modus operandi delle Ong, ha disposto accertamenti proprio sulle investigazioni della Procura di Trapani nel silenzio assordante del Csm», ha affermato. È invece «gravissimo quanto accaduto sulle intercettazioni dei giornalisti che si occupavano delle Ong», secondo il sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova, di Più Europa. «L'inchiesta interna disposta dal ministro Cartabia è doverosa per una ragione molto precisa: abbiamo un sistema di garanzie e di diritti che non può essere messo in discussione. La libertà di stampa e l'uso delle fonti non possono essere messi in discussione». Mentre Riccardo Magi, deputato di +Europa Radicali, ha chiesto l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sull’attuazione degli accordi Italia-Libia. Secondo la ong umanitaria Mediterranea Saving Humans, «uno degli obiettivi delle diverse iniziative giudiziarie partite contro le attività umanitarie sembra essere quello di colpire chiunque sia impegnato, a vario titolo, nella ricerca della verità e nella pratica della solidarietà sulle violazioni dei diritti fondamentali in Libia e nel mar Mediterraneo». Un fatto non nuovo, dal momento che «anche negli atti dell’accusa, promossa dalla Procura della Repubblica di Ragusa, contro l’intervento di soccorso effettuato dalla nave Mare Jonio nel caso Maersk Etienne, vengono trascritte e utilizzate indebitamente intercettazioni telefoniche su utenze degli indagati di conversazioni telefoniche, professionali e confidenziali, con giornalisti e avvocati di fiducia», ha fatto sapere l’ong.