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Quando si viene travolti dal cosiddetto processo mediatico, la propria vita è destinata a cambiare per sempre. E’ difficile, infatti, dopo essere stati sommersi da accuse, mai provate in un'aula di Tribunale, riuscire a recuperare la reputazione di un tempo. Tutto viene spazzato via in un attimo. Anni di duro lavoro, sacrifici, impegno a favore del prossimo. Il processo mediatico, che è la negazione del diritto e del principio di legalità, non lascia scampo. Ed è inutile parlare di diritto all’oblio. L’oblio scatta quando una persona ha pagato il proprio debito con la giustizia e vuole ripartire, mettendosi alle spalle un passato di errori. Ma nel processo mediatico non c’è stata alcuna sentenza ad attestare che questi errori siano stati commessi. Ci sono solo articoli di giornale che, come un fiume carsico, ogni tanto riemergono dai meandri del web senza che vi si possa mettere argine.
La storia del dottor Piero Mita è uno di quei casi che dovrebbero far riflettere sulle conseguenze della condanna preventiva a mezzo stampa e, soprattutto, del procedimento penale eterno.
Mita è un luminare delle fecondazione medicalmente assistita ed è anche medico di base a Milano dal 1999. Nella sua lunga vita professionale ha curato migliaia di persone. Ma Mita si dedica anche a chi è in situazioni di disagio ed emarginazione. Per questo suo impegno nei confronti del prossimo è molto stimato ed apprezzato. Nel 2011 entra in contatto con una signora ottuagenaria che vive, insieme ad un cane, in un modesto bilocale alla semiperiferia di Milano. La signora, sola e senza figli, è seguita dai servizi sociali. Le condizioni di salute sono precarie, aggravate anche dalla fatiscenza del domicilio, sprovvisto di corrente elettrica, riscaldamento e gas. L’unica fonte di sostentamento è una pensione di 640 euro mensili, la cui gestione è affidata ad un amministratore di sostegno.
L’impegno dei servizi sociali si limita alla somministrazione dei pasti. L’Amministratore di sostegno, invece, punta a dichiararla incapace di intendere e di volere per poi procedere al ricovero coatto in una casa di riposo. Mita, allora, decide di portare la signora in un centro specializzato per malattie mentali. I medici escludono qualsiasi “patologia psichica attiva”, diagnosticando una “fragilità emotiva”: la “sindrome di abbandono” che colpisce gli anziani soli. Mita inizia a provvedere alle piccole incombenze della signora, mettendo ordine in casa e accompagnandola, dopo anni, dal parrucchiere. L’estate la invita a trascorrere qualche settimana nella sua casa di campagna. Il nuovo amministratore di sostegno, in una relazione al Tribunale del 2015, da atto del positivo recupero della signora che ha “ritrovato serenità e la cura per se stessa”. Nel marzo del 2016 la signora, tornata a vita nuova, effettua addirittura un viaggio a Lourdes. Il 13 luglio del 2016, su ordine della Procura di Milano, Mita viene arrestato con la terribile accusa di essersi approfittato di lei: “associazione per delinquere, sequestro di persona, circonvenzione d'incapace e maltrattamenti”, i reati contestati.
Il giorno dell’arresto, durante la conferenza stampa, i carabinieri raccontano che Mita ha “segregato” in casa la signora, “spogliandola di tutti gli averi, picchiandola, costringendola a mangiare alle mense dei poveri e, all’occorrenza, a lavorare gratis come cameriera e addetta alle pulizie”. Mita trascorre tutta l’estate del 2016 agli arresti, prima che il magistrato decida di rimetterlo in libertà. Da allora, il nulla. A distanza di oltre tre anni, scaduti tutti i termini per le indagini preliminari, Mita non ha più ricevuto alcuna comunicazione da parte degli inquirenti.
La sua è una vita sospesa, non sapendo se dovrà essere processato o meno. Nel frattempo ha ripreso, con difficoltà, l’attività di medico. Lasciato in questo limbo dallo Stato ed impossibilitato a difendersi da accuse orribili, l’unico “processo” che ha subito è stato quello sui giornali il giorno del suo arresto. Un processo mediatico, appunto. Mita non teme un eventuale giudizio in Tribunale, consapevole della bontà e correttezza del proprio operato. E’ giusto, allora, per i fautori del processo senza fine, lasciare per anni in questa situazione di incertezza una persona la cui unica ' colpa' è stata quella di aiutare un’anziana signora indigente? Dopo che questa persona è stata arrestata e sbattuta su tutti i giornali?