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Armando Veneto, decano delle Camere penali, già parlamentare europeo e deputato della Repubblica in quota Udeur, è stato condannato a 6 anni di reclusione da un gup di Catanzaro per corruzione in atti giudiziari aggravata dalle modalità mafiose e concorso esterno in associazione mafiosa, dopo essere finito del mirino della Procura guidata da Nicola Gratteri. I fatti risalgono al 2009, epoca in cui, secondo l’accusa, Veneto avrebbe fatto da tramite con il giudice Giancarlo Giusti – poi suicidatosi a marzo del 2015 – per ottenere la scarcerazione di tre big della cosca Bellocco. "Sono sdegnato - dice a caldo Armando Veneto - perché si dovrà pescare nell'ampio bacino delle fantasie per motivare una simile sentenza". L'uomo si dice "assolutamente estraneo alla vicenda, come aveva accertato la magistratura di Catanzaro sin dal 2014; per la corruzione sono stati già condannati in primo grado coloro che ne sono stati ritenuti responsabili. Sono stato tirato in ballo da una personale interpretazione di un 'labiale', come è stato accertato dalla squadra mobile di Reggio Calabria che ha corretto l'errore iniziale". Infine, spiega, "l'accordo corruttivo era intervenuto prima ancora della mia nomina a difensore. Ricorrerò in appello ovviamente anche perché sono curioso di sapere chi ha ragione tra la magistratura di Catanzaro edizione 2014 e quella odierna. Riguarda non solo la mia persona ma quella di ciascuno dei sudditi di questo lembo d'Italia". Molta amarezza trapela anche nelle dichiarazioni rese dai suoi avvocati, Clara Veneto e Giuseppe Milicia: "La condanna di un innocente è l’esperienza più amara che può vivere un difensore. Capita spesso che l’innocenza di cui sei certo non possa essere adeguatamente rappresentata attraverso le prove presenti nel processo. Non è questo il caso della condanna inflitta ad Armando Veneto a fronte di prove evidenti della sua innocenza". I legali poi provano a ricapitolare la vicenda giudiziaria: "La scelta di essere giudicato con rito abbreviato è dipesa solo ed esclusivamente dalla presenza nel fascicolo di evidenze schiaccianti. Che avevano persuaso prima la Procura della Repubblica di Catanzaro quando aveva archiviato il fascicolo nel 2011; poi la Squadra Mobile di Reggio Calabria dopo la riapertura delle indagini che avevano consentito di inquadrare, senza ombra di dubbio, la dinamica dei fatti delittuosi e la totale estraneità dell’avv. Veneto; ed ancora la Procura di Catanzaro che aveva riconosciuto e spiegato la dinamica dell’errore commesso quando si era dubitato di un possibile ruolo dell’Avv. Veneto nella vicenda. Lo aveva ribadito il Pubblico Ministero del processo celebrato nel 2015 nei confronti dei ritenuti responsabili, chiarendo che quell’errore aveva comportato il rischio di favorire i veri colpevoli. Tutto ciò è perfettamente comprensibile; lo abbiamo compreso e abbiamo compreso la doverosa presa di posizione della Procura della Repubblica nel 2014 che manifestava il rammarico per essere stata la figura di un professionista stimato associata a vicende criminali". Ciò che i due difensori non hanno compreso, "e che il giudice non sarà in grado di spiegare con la sentenza, è il radicale capovolgimento di prospettiva dei pubblici ministeri che si sono cimentati nel 2020, riesumando un fascicolo, destinato all’archivio per la posizione dell’Avv. Veneto. Il divario tra il verdetto del gup di Catanzaro e le cose ragionevoli e sensate è così macroscopico da indurci ad abbandonare il riserbo da noi avvocati solitamente osservato. Comprendiamo perfettamente che nella nostra terra la repressione penale, da certa magistratura militante, venga attuata secondo la filosofia “colpiscine uno per educarne 100”. Ma giungere all’estremo di colpirne uno a caso - ma non per caso, perché Armando Veneto rappresenta molto di più del dramma individuale dell’innocente condannato- è inaccettabile". Sconcerto anche tra l'Unione delle Camere Penali Italiane: "La condanna dell’Avvocato Armando Veneto ci lascia sgomenti ed increduli - scrivono i componenti della Giunta - . In primo luogo perché è relativa ad una accusa risalente a molti anni fa, già vagliata e di cui era stata annunciata pubblicamente l'archiviazione nel 2014 per la sua manifesta infondatezza. Ma soprattutto perché Armando Veneto è stato ed è un saldo punto di riferimento di tutta l’avvocatura italiana, per qualità professionali e morali. Esprimiamo la certezza che la giustizia saprà fare il suo corso già nel giudizio di appello, ed esprimiamo ad Armando, in un momento così difficile della sua vita onorata, la vicinanza, la stima e l’amicizia immutate di tutti i penalisti italiani".