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Ha un linfoma aggressivo, al quarto stadio, pesa 146 kg e ha gravi difficoltà di movimento sia per il peso che a causa di un’artrosi provocata dalla chemioterapia. Secondo la dottoressa del carcere sarebbe del tutto incompatibile con la detenzione e non si spiegherebbe come mai stia ancora lì. Parliamo dell’ennesima storia di sanità in carcere e a segnalarla è Rita Bernardini, coordinatrice della Presidenza del Partito Radicale. Lui è un detenuto ristretto nella casa circondariale di Velletri, nel Lazio. Secondo quanto riferito dalla madre all’esponente radicale, all’uomo, dopo la detenzione per 8 mesi nel carcere, è stato concesso un anno di domiciliari per incompatibilità del suo stato di salute con il regime carcerario. Passato l’anno, però, è stato riportato nello stesso carcere.
“Fatto sta – denuncia Rita Bernardini - che l’uomo è affetto ( diagnosi di 4 anni fa) da Linfo- ma anaplastico al 4° stadio trattato con chemioterapia e che, in aggiunta, ha subito un intervento per una protesi valvolare all’aorta. Pesa 146 kg e ha gravi difficoltà di movimento sia per il peso che a causa di un’artrosi provocata dalla chemioterapia”. Proprio per via della condizione fisica – sempre secondo quanto riferisce la madre - il detenuto non riesce a mantenere una corretta igiene perché non arriva fisicamente a lavarsi le parti intime e si vergogna di farsi aiutare dal piantone che gli è stato assegnato per un’ora al giorno e che lo aiuta a vestirsi. “Inevitabile – spiega sempre l’esponente del Partito Radicale - che ora sia affetto anche da dolorosissime e sanguinanti emorroidi”. Ma non finisce qui. Sempre secondo quanto ha riferito la madre, l’uomo presenterebbe anche una paresi facciale per la quale avrebbe un occhio sempre aperto il che gli provocherebbe una fastidiosissima secchezza oculare: da quando è entrato in carcere chiede una pomata oftalmica lubrificante che però non gli verrebbe fornita. “A metà luglio – prosegue Rita Bernardini - dovrebbe sottoporsi al controllo semestrale al Gemelli per il tumore, ma non sa se lo porteranno e, comunque, prima di andare dovrebbe eseguire tutta una serie di controlli diagnostici che non gli stanno facendo”. L’esponente radicale ha subito trasmesso queste informazioni per una urgente verifica e intervento al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, al Garante nazionale delle persone private delle libertà, Mauro Palma, e al Garante regionale, Stefano Anastasìa.
Parliamo dell’assistenza sanitaria in carcere, una delle criticità, enormi, presenti nel sistema carcerario. Non a caso, Rita Bernardini, da anni in prima linea anche con lunghi periodi di sciopero della fame per sollecitare il governo precedente, ha evocato la mancata riforma dell’ordinamento penitenziario. Nel decreto c’è un lungo capitolo dedicato alla sanità. L’articolo 2 della riforma adegua l’ordinamento penitenziario ai principi affermati dal decreto legislativo 22 giugno 1999 di riordino della medicina penitenziaria. In particolare, la lettera a) sostituisce l’articolo 11 dell’ordinamento penitenziario, con particolare riguardo al trasferimento delle competenze di tale settore penitenziario al servizio sanitario nazionale, ribadendo l’operatività del servizio sanitario nazionale negli istituti penitenziari. Si interviene sulla disciplina della competenza per il rilascio delle autorizzazioni in materia di ricoveri in strutture esterne di diagnosi e cura, modificando la norma sulle autorizzazioni a cure e accertamenti sanitari che non possono essere garantiti dal servizio sanitario all’interno degli istituti. Viene esplicitato il diritto di ciascun detenuto o internato di ricevere informazioni complete sullo stato di salute personale e viene garantita la continuità terapeutica, con le indagini e le cure specialistiche necessarie persino riguardo alla medicina preventiva o connessa a patologie già esistenti. Una riforma, necessaria, che però ha una delega che scade tra meno di un mese.