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«Io ho un’azienda di ortaggi e cerealicola, non ho bisogno di manodopera straniera. Non ho cose che si tagliano con le mani all’infuori di un piccolo vigneto dove si raccoglie l’uva. Nel 2020, il giorno prima che si iniziasse ho richiesto i documenti a una persona che conoscevo per tagliare l’uva». Questa la spiegazione di Rosalba Livrerio Bisceglia, moglie del prefetto Michele di Bari, indagata nell’inchiesta per caporalato avviata dalla procura di Foggia. Almeno secondo le indiscrezioni battute dalle agenzie di stampa sull'intervista che andrà in onda questa sera in prima serata, su Retequattro al programma "Controcorrente". La persona a cui Bisceglia si è rivolta, secondo gli inquirenti, era il "caporale" Bakary Saidy, che si occupava di procurare la manodopera tra gli extracomunitari che vivevano nella baraccopoli di Borgo Mezzanone. «Mi avevano passato questo numero, questo aveva persone per raccoglierle. Le ho assunte regolarmente», ha assicurato la donna che, stando all’ordinanza del gip, trattava direttamente con Saidy anche per i pagamenti ai braccianti. «Perché sono tanti e quindi quando è così c’è sempre uno che viene e fa un lavoro di sei giorni. Penso che tutto questo verrà fornito nella sede giusta. Sicuramente è stata una superficialità. Adesso però non mi sento di aver fatto una grande...la prego adesso mi lasci chiudere».