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Il Senato alle prese con una nuova legge sulla geografia giudiziaria
«Con lo smart working al 50% il tribunale chiude». A dirlo è il presidente del tribunale di Bologna, Francesco Caruso, che ha contestato l’accordo firmato lo scorso 14 ottobre dal ministero della Giustizia e dai sindacati. Un accordo che prevede, tra le cose più rilevanti, il co-working, l’accesso al lavoro agile per almeno il 50% del personale addetto alle attività cosiddette smartabili anche attraverso il ricorso a meccanismi di rotazione e a modalità orizzontale (prestazione in parte sul posto ed in parte da remoto nella stessa giornata) al fine di favorire il più ampio coinvolgimento del personale, l’individuazione delle attività smartabili e l’obbligo per i dirigenti di individuare ulteriori attività eseguibili da remoto tenuto conto delle peculiarità e del contesto locale, previa contrattazione con le organizzazioni sindacali, la predisposizione di una graduatoria degli interessati all’accesso alla modalità di lavoro agile con precedenza per i lavoratori cosiddetti fragili, lo svolgimento dell’attività in modalità agile anche con le dotazioni informatiche fornite dall’ufficio e la parità di trattamento tra lavoratori on site e lavoratori agili.
«Tutti i presidenti di tribunale sono in grande agitazione - ha sottolineato Caruso -. C’è il rischio che facciano un pronunciamento, un intervento esterno per dire che questo accordo è impraticabile». Un accordo, dunque, che presto rischia di essere contestato anche da altri presidenti, responsabili, di fatto, dell’organizzazione degli uffici. E tra loro, stando a quanto afferma Caruso, «c’è una forte preoccupazione che potrebbe preludere ad un comunicato comune» di dissenso nei confronti dell’accordo raggiunto tra via Arenula e le sigle sindacali. Un protocollo che, comunque, lascia tutti scontenti, se è vero, com’è vero, che la Usb ha deciso di non firmare, ritenendo poco tutelati i lavoratori fragili, e che Cgil, Cisl e Uil hanno contestato il mancato inserimento dell’Unep tra le attività smartanili. Per quanto riguarda il tribunale di Bologna «la nostra organizzazione non è compatibile con lo smart working - ha aggiunto Caruso -. Abbiamo già dei problemi gravissimi di personale con una carenza enorme. Non riusciamo a dar corso a tutte le udienze. Abbiamo un 30% di personale mancante. È evidente che non possiamo consentire che ci siano ulteriori distacchi». Sul fronte dei processi penali sono «11 mila quelli pendenti» con un aumento dovuto al fatto che «per tre mesi non abbiamo lavorato svolgendo solo le attività urgenti».
«Capisco la situazione sanitaria, noi stiamo cercando di assicurare tutte le misure di protezione, ma si verificano degli intasamenti. Dentro il palazzo si creano assembramenti e non si mantengono le distanze, anche se stiamo adottando tutte le misure e le prescrizioni richieste - ha aggiunto -. Noi in questa situazione stiamo chiedendo ai professionisti, gli avvocati lo sanno, di non stare dietro la porta dell'aula d'udienza, ma di sistemarsi nelle sale d'attesa o in cortile. I giudici quando chiamano una causa - ha concluso - se l'avvocato non risponde subito non è che nominano un altro difensore, lo andiamo a cercare, facciamo in modo che nessuno sia pregiudicato dal fatto che dobbiamo comunque stare distanti».