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Secondo gli ultimi dati del Dap, al carcere napoletano di Secondigliano risultano 16 detenuti contagiati, dei quali 4 ricoverati in ospedale. Ma, secondo le testimonianze raccolte dall’associazione Yairaiha Onlus, nel reparto Ionio S3 e della sezione S2 1° e 2° piano, ne risulterebbero molti di più con sintomi simili a quelli provocati dal nuovo coranivurus.
«Nel reparto S2 - si legge nella missiva dell’associazione indirizzata alle autorità - sembra che quasi tutti i detenuti presentino diversi sintomi da Covid 19 trattati unicamente con tachipirina e con l'isolamento».
Dal reparto Ionio S3, Yairaiha Onlus ha ricevuto una segnalazione di un recluso (omettiamo il nome per privacy), già risultato positivo al covid nel carcere di Tolmezzo durante la prima ondata, e che da circa due mesi è assegnato al carcere di Secondigliano. Ha riferito di condividere la cella con un altro detenuto che da diversi giorni presenterebbe chiari sintomi da Covid 19 ma, si legge sempre nella missiva, «fino ad oggi, non è stato neanche sottoposto a tampone e teme che un nuovo contagio possa avere esiti nefasti». Sì, perché il recluso è un soggetto a rischio complicazioni per via delle già riferite patologie pregresse. «Riteniamo – denuncia l’associazione Yairaiha Onlus - che la situazione venutasi a creare nei reparti S2 ed S3 di Secondigliano sia allarmante e affatto sotto controllo: la mancanza, e forse l'impossibilità, di interventi immediati, l'impossibilità di mantenere il distanziamento sociale e di adottare tutte le accortezze richieste dalla pervasività del virus, rischia di generare un focolaio difficilmente gestibile».
Nel frattempo c’è Samuele Ciambriello, Garante dei detenuti della Regione Campania, che lancia l’allarme: «Mi auguro che la politica non neghi l’evidenza delle cose, e cioè che bisogna provvedere ai vaccini in via prioritaria nelle RSA e nelle carceri, partendo dagli operatori penitenziari, operatori sanitari e detenuti, per questi ultimi su base volontaria». Il garante regionale sottolinea che «lo Stato non può mettere una persona in carcere e poi esporlo al Covid. È una questione di diritto e di buon senso. Mi auguro altresì che alla campagna di vaccinazioni degli Istituti penitenziari segua un attento studio epidemiologico delle realtà penitenziarie». E conclude: «Nelle carceri vi sono persone affette da diverse patologie, tra le quali malattie croniche a causa delle quali vi sarebbe un rischio maggiore in caso di contagio da Covid 19 rispetto agli altri».