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C’è stato un tempo in cui Ilaria Capua, la virologa che in questi giorni sta seguendo la diffusione e la mutazione del Coronavirus, era in quarantena assieme a suo marito. Una quarantena mediatico-giudiziaria cominciata nell’aprile del 2014, mese in cui l’Espresso fece un titolo da far rabbrividire anche Bonnie e Clyde: “Trafficanti di virus”. E poi, sempre più duri: “Accordi tra scienziati e aziende per produrre vaccini e arricchirsi, ceppi di aviaria contrabbandati per posta rischiando di diffonderli. L’inchiesta segreta dei NAS e dei magistrati di Roma sul grande affare delle epidemie”. E al vertice di quella presunta associazioni a delinquere composta da camici bianchi (l’Espresso parlò esplicitamente di “Cupola dei vaccini”) ci sarebbe stata proprio lei: Ilaria Capua. Almeno secondo le rivelazioni del settimanale dei De Benedetti, perché la diretta interessate di quell’indagine non ne sapeva nulla.
Solo qualche mese dopo la virologa scoprì che era sotto inchiesta dal lontano 2005, ciò significa che se lei e la famigerata cupola stavano davvero infettando il mondo per arricchirsi attraverso un traffico illecito di vaccini, la procura decise misteriosamente (e con un filo di incoscienza) di lasciarla agire indisturbata per dieci lunghi anni. Fatto sta che nel 2015 i magistrati decisero di agire chiedendo il rinvio a giudizio per Ilaria Capua e altre trenta persone. Le accuse, raccolte dai Nas, vennero però analizzate da Science, una delle riviste scientifiche più importanti e autorevoli, e il giudizio sul lavoro dei Nas fu lapidario: “I documenti non sembra siano stati revisionati da esperti scientifici”. Del resto, nella relazione di Science, pesò inevitabilmente anche la reputazione di Ilaria Capua che per il mondo accademico era la scienziata che nel 2006, in piena emergenza Sars, decise di sfidare i colossi dell’industria farmaceutica depositando la sequenza genetica del primo ceppo africano di influenza H5N1 in GenBank (un database "open access") e non in un database ad accesso limitato. Una scelta molto coraggiosa che diede il via alla condivisione trasparente dei dati medici in modo da mettere nelle migliori condizioni di lavoro i laboratori di virologia di tutto il mondo. Inutile dire che nel 2016 Ilaria Capua venne assolta perché “il fatto non sussiste”. Una vittoria netta e cristallina. Ma ancora più interessante è la relazione - pubblicata qualche giorno fa dal Foglio - degli ispettori ministeriali inviati a verificare il lavoro dei magistrati.Al termine di quella ispezione l’allora ministro della Giustizia Orlando scrisse al Csm che la condotta del dottor Capaldo, titolare dell’indagine, aveva determinato “una violazione grave, determinata da inescusabile negligenza”.E ancora: “Con tale condotta il dott. Capaldo – scriveva Orlando – si è reso immeritevole della fiducia e della considerazione di cui il magistrato deve godere, con compromissione del prestigio dell’ordine giudiziario e dell’immagine del magistrato”. Il dottor Capaldo ora si gode la sua lauta pensione mente Ilaria Capua è tornata in trincea, stavolta in America, dove dirige il dipartimento dell'Emerging Pathogens Institute dell'Università della Florida.