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Rimuovere il video e controllare il linguaggio. Interviene anche il garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà Mauro Palma sul caso della spettacolarizzazione della cattura e traduzione in carcere di Cesare Battisti. «Come Garante nazionale – spiega Palma tramite una nota - ho atteso che calasse il clamore attorno all’operazione che ha riportato Cesare Battisti alla doverosa realtà dell’esecuzione di quella pena che la giustizia gli ha inflitto per quanto commesso. Un punto di arrivo che avrebbe richiesto un atteggiamento sobrio sul piano istituzionale e su quello della comunicazione».
Però non è stato così. «E poiché – continua il garante nazionale - alle parole che cercano, in contrasto con la nostra Costituzione, di dare alla pena il significato del “marcire in carcere”, si sono aggiunti i video che dettagliatamente riprendono le varie fasi della traduzione in carcere della persona estradata, ritengo doveroso richiamare quanto affermato dal nostro ordinamento penitenziario, che all’articolo 42- bis comma 4, prescrive che nelle traduzioni siano “adottate le opportune cautele per proteggere i soggetti tradotti dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità». L’articolo prosegue prevedendo sanzioni disciplinari per chi non osservi tale disposizione: «Certamente il legislatore non poteva supporre che fossero i vertici delle Istituzioni a non rispettarla».
Il garante si riferisce al video postato dal ministro della giustizia e pubblicato sulla rivista online ministeriale, al quale – sottolinea Palma – «purtroppo si aggiunge a quel riferimento al “marcire” che il ministro dell’interno ha più volte espresso in suoi video: riferimento che indica una finalità della pena detentiva opposta a quella voluta dalla nostra Costituzione. Il Garante se da un lato confida, sulla base della più volte affermata volontà del ministro della giustizia del pieno rispetto della dignità di ogni persona, che si provvederà a rimuovere tali video, d’altro canto ritiene suo compito ricordare che epiteti, frasi e immagini che puntano ad acquisire consenso attraverso il ricorso a un linguaggio del tutto estraneo a quello del Costituente, finiscono per consolidare una cultura di disgregazione sociale e di tensione di cui il Paese non ha certamente bisogno».
Ricordiamo che commenti di condanna sono provenuti dall’associazione Antigone, dal garante regionale e portavoce dei Garanti territoriali delle persone private della libertà Stefano Anastasìa, dalle Camere penali, ma anche dall’opposizione, Pd e Forza Italia in testa, parlano di gesti che squalificano le istituzioni. Alle polemiche si aggiunge anche il vicepresidente del consiglio superiore della magistratura David Ermini, che, alla richiesta di un commento al video postato dal ministro della giustizia, ha risposto a titolo personale che lui non l’avrebbe fatto.
È intervenuto sulla vicenda anche Vittorio Sgarbi che tramite un post su Facebook spiega che «lo Stato non può praticare vendette, ma deve garantire giustizia».
Sottolinea che giustizia non vuol dire giustizialismo. «Battisti deve espiare la sua pena – prosegue il critico d’arte -, ma non può essere utilizzato come una sorta di “trofeo” da mostrare alla folla che reclama la forca». E conclude: «Uno Stato di diritto è veramente tale quando sa trattare con umanità anche il più feroce dei criminali. Perché in uno Stato di diritto la pena ha valore rieducativo».
Oltre all’articolo dell’ordinamento penitenziario ( art 42 bis) e quello di procedura penale ( art 114), Giuseppe Caputo - giurista e ricercatore del centro di documentazione L’altro diritto fondato nel 1996 presso il Dipartimento di Teoria e storia del diritto dell'Università di Firenze - ha spiegato che non vengono rispettati anche altri due regole penitenziarie internazionali. C’è l’art. 32 delle European prison rules del Consiglio d’Europa che recita: «Mentre i prigionieri vengono trasferiti da o verso una prigione, o in altri luoghi come tribunale o ospedale, devono essere esposti al pubblico il meno possibile e devono essere adottate adeguate cautele per assicurare il loro anonimato» ; compreso l’ art. 73 delle Mandela rules delle Nazioni Unite dove si precisa che «devono essere adottate misure di sicurezza adeguate per proteggerli da insulti, curiosità e pubblicità in qualsiasi forma». In controtendenza è invece l’ex pm di Mani Pulite Piercamillo Davigo che, sulle pagine de Il Fatto, spiega che «è normale che un ministro rivendichi i meriti dell'amministrazione che dirige».