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Il mancato deposito di atti dell’indagine preliminare rappresenta un danno per la difesa, motivo per cui può essere necessario dichiarare la nullità della richiesta di rinvio a giudizio. A stabilirlo è un’ordinanza del Tribunale di Ravenna, che in disaccordo con l’indirizzo che stabilisce l’inutilizzabilità degli atti mancanti ha optato per un’interpretazione più stringente, affermando la necessità di integrare il fascicolo con quanto omesso e, dunque, spostare indietro le pedine del procedimento. Di fronte alla mancanza di elementi di prova che potrebbero risultare centrali nella fase processuale, il rischio, si legge nell’ordinanza, è che ciò si rifletta «direttamente in negativo sulle prerogative difensive. Difatti, l'impossibilità per le difese di accedere compiutamente e tempestivamente al materiale probatorio raccolto dal pm incide in modo sostanziale sulla stessa possibilità per gli imputati di organizzare la strategia difensiva, se del caso anche tramite la scelta di riti alternativi, sicuramente influenzata - tale scelta - anche dalla tipologia e qualità degli atti d’indagine compiuti dal pm». Nel caso specifico le difese lamentavano l’assenza delle immagini delle telecamere piazzate sul luogo del presunto reato, ovvero quelle che ritrarrebbero l’allontanamento ingiustificato dal luogo di lavoro degli imputati. Immagini decisive e centrali, secondo la difesa, ma non depositate dal pm, «con conseguente lesione delle prerogative difensive, intaccate dalla indisponibilità di un atto d'indagine decisivo che potrebbe essere divenire - nella fase dibattimentale - altresì prova decisiva». Il giudice ha accolto l’eccezione, evidenziando come l’orientamento prevalente, che si limita a considerare inutilizzabili gli atti stessi, è «tutt'altro che pacifico» e addirittura «non condivisibile». Ciò sulla base di una recente pronuncia della Cassazione, che ha inquadrato il vizio «nella categoria della nullità generale a regime intermedio, siccome incidente sulle garanzie difensive dell'imputato». Gli atti mancanti, infatti, potrebbero rappresentare prove decisive, così che l’unico risultato rischierebbe di essere «la violazione del diritto di difesa discendente dall'incisione delle prerogative difensive correlate ad una determinata fase processuale». Inoltre, tutti gli atti, dunque, devono essere presenti nel fascicolo al momento dell’avviso di conclusione indagini, proprio per garantire «che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; [e] disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa». Il giudice evidenzia come, da un lato, gli atti mancanti potrebbero risultare favorevoli all'imputato, «con serio pregiudizio nei suoi confronti», e dall'altro come «potrebbero essere sottratti al giudizio ed alla cognizione del giudice elementi di prova - finanche decisivi -, così ostacolando quell'attività di ricerca della verità, che è considerato il fine primario ed ineludibile del processo penale». Da qui la necessità di rinnovare la sequenza procedimentale, senza rischio di «seri effetti negativi sulla durata del processo», consentendo al pm di «utilizzare tutto il materiale investigativo raccolto e agli imputati di calibrare in modo pieno le proprie strategie difensive».