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Una montatura, una cospirazione, una «fiera degli errori». Dopo 168 giorni di arresti Alfredo Romeo, fondatore dell’omonimo gruppo e figura centrale dell’inchiesta Consip, racconta in un’intervista a Repubblica la sua versione dei fatti, respingendo al mittente tutte le accuse. Che nel frattempo rimangono in piedi: a Napoli, dove è indagato per gli appalti per la pulizia del Palazzo di giustizia, e a Roma, dove il 19 ottobre inizierà il processo “contro” il famigerato «sistema Romeo». Sistema però smentito dalla Cassazione, che ha annullato il provvedimento di custodia cautelare. «Sono incensurato - ha rimarcato Romeo - nonostante sia passato attraverso più di un cerchio di fuoco insieme alle mie aziende, ma sono intercettato da dieci an- ni e più: in un modo che nemmeno i più pericolosi terroristi internazionali». Intercettazioni che per Romeo sono “farlocche”: «Non trascritte da un perito di un tribunale, ma da un organo di parte ( il Noe, ndr) indagato a Roma per reati di falso, collegati proprio alla manipolazione di materiale investigativo» . L’inchiesta Consip, dunque, sarebbe un disegno ordito da «figure controverse», che rimangono sullo sfondo di un’indagine «piena di vulnus, imprecisioni e scorrettezze». Figure che avrebbero avvicinato anche l’imprenditore Marco Gasparri, ex dirigente e ora vicino al patteggiamento, sostiene Romeo, che non si può escludere «fosse un ' agente del nemico'» o «che sia stato indotto a danneggiarmi per favorire i concorrenti», interessati ad acquisire la Romeo Gestioni. Lui, il fondatore, esclude un proprio coinvolgimento in eventuali turbative di gara, ricordando invece i vari esposti all’Anac e all’Antitrust «perché si accertassero anomalie che mi vedevano parte lesa. Gli sviluppi hanno dimostrato che le doglianze erano fondate». Nemmeno un euro sarebbe transitato da Romeo a Gasparri, che sostiene, invece, di aver intascato 100mila euro. Romeo ribatte: nessuna corruzione. Gasparri «ha via via modificato la sua versione». Da soldi «dati per truccare le gare», a soldi «per informazioni prive di rilevanza. Poi le dazioni si sarebbero ridotte di entità, e infine le avrebbe attribuite a una mia prodigalità». Una figura ininfluente, la sua, per le gare Consip.
Mentre non esisterebbe nessuna cena con Tiziano Renzi, padre dell’ex presidente del Consiglio, che Romeo non avrebbe mai cercato. Alfredo Mazzei, il professionista che raccontò di quella cena a Repubblica, avrebbe così «preso fischi per fiaschi», mentre il famoso pizzino con la dicitura ' 30mila per T. ', dove T starebbe per Tiziano Renzi, è «qualcosa che non so cosa sia, che io e i miei legali non abbiamo mai visto, se non in una strana copia chissà dove e come ricostruita».