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«Preoccupazione in merito alle disposizioni finalizzate a mutare il rapporto tra i direttori degli istituti e i comandanti di reparto ( che abbiano la qualifica di “primo dirigente”) da gerarchico a soltanto funzionale, attribuendo la gestione della sicurezza unicamente al comandante primo dirigente, così rischiando di alterare gli equilibri stabiliti nell’ordinamento penitenziario, che vuole nel direttore la figura di coordinamento di tutte le aree operative all’interno dell’istituto».
Dopo la protesta dei 100 direttori degli istituti penitenziari, le critiche del presidente dell’associazione Antigone Patrizio Gonnella e dell’esponente del Partito Radicale e presidente di Nessuno Tocchi Caino Rita Bernardini, comprese quelle avanzate dalla conferenza dei garanti territoriali delle persone private della libertà, si aggiungono anche i magistrati di sorveglianza tramite il loro coordinamento nazionale ( Conams).
In occasione dell’Assemblea annuale, ilConams ha preso atto del progetto contenuto nello “Schema di decreto legislativo in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia”, attualmente sottoposto al vaglio delle competenti Commissioni parlamentari per i prescritti pareri. Il Conams, in un comunicato, condivide la necessità di riorganizzazione delle Polizia penitenziaria «nell’ottica di migliorarne la progressione in carriera e di qualificarne l’attività, ed in particolare apprezza la stabilizzazione della fattiva collaborazione della stessa in ogni ufficio e tribunale di sorveglianza, che già è da tempo avviata con proficui risultati».
Il Coordinamento esprime tuttavia preoccupazione in merito alle disposizioni finalizzate a mutare il rapporto tra i direttori degli istituti e i comandanti di reparto. I magistrati di sorveglianza denunciano che «sembrano particolarmente critiche le disposizioni volte ad assegnare al comandante di reparto le decisioni relative all’assegnazione, consegna e impiego dell’armamento individuale e di reparto, che incidono direttamente sulla legge penitenziaria ( art. 41 co. 5) e sul regolamento di esecuzione ( art. 2 co. 1), disposizioni che paiono esorbitare dagli obbiettivi di mera riorganizzazione perseguiti».
Il Conams segnala che le attuali criticità nella gestione degli istituti, anche sotto il profilo della sicurezza, appaiono in primo luogo collegate alle scoperture degli organici dei direttori, nonché a quelle dei Funzionari giuridico- pedagogici e della Polizia penitenziaria, unitamente alle carenti offerte trattamentali e al crescente sovraffollamento. Il Coordinamento nazionale dei magistrati di sorveglianza, quindi, «auspica di poter essere ascoltato nelle sedi competenti per poter fornire il proprio contributo di conoscenza ed esperienza, anche in forza dell’obbligo di vigilanza sull’organizzazione degli istituti che l’art. 69, co. 1, o. p. attribuisce alla magistratura di sorveglianza».
Aumenta quindi il fronte del no contro quella parte della riforma che affida al Corpo di polizia penitenziaria il potere disciplinare, della valutazione dirigenziale, della partecipazione alle commissioni selettive del personale e ai consigli di disciplina. Una questione che, secondo l’osservatorio carceri delle camere penali italiane, significherebbe «far regredire il sistema penitenziario a un’idea del carcere esclusivamente punitiva, annullando la figura del direttore che possa mediare tra le esigenze trattamentali e quelle si sicurezza».