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«Graviano – spiega il magistrato Di Matteo - dice alla moglie e al figlio: ho detto loro che il mio rapporto sessuale risaliva a quando ero ancora latitante: di certo non potevo dirgli la verità». Per gli inquirenti il dialogo confermerebbe quanto raccontato dal boss al suo compagno fi socialità, il camorrista Umberto Adinolfi sulle visite della moglie in cella e sul concepimento del bambino in carcere. La conversazione, depositata venerdì scorso dal pm Nino Di Matteo al processo sulla cosiddetta trattativa Statomafia, risale allo scorso 23 aprile e si aggiunge all’enorme mole di intercettazioni depositate la scorsa settimana dalla Procura, che per mesi ha ascoltato i dialoghi del capomafia. Agli atti, come sappiamo, sono finite anche le lunghissime chiacchierate tra Giuseppe Graviano e Adinolfi, in cui, probabilmente sapendo di essere intercettato, il boss ha parlato tra l’altro di un presunto ruolo dell’ex premier Berlusconi nelle stragi di mafia. Per Di Matteo, però, almeno queste intercettazioni effettuate durante il colloquio con la moglie risultano genuine. «Questa conversazione è stata registrata ben 10 giorni prima della notifica dell’informazione di garanzia - ha spiegato Di Matteo alla Corte d’assise - e testimonia, dal nostro punto di vista, la genuinità sull’inconsapevolezza di Graviano di essere intercettato».
Eppure non sembrerebbe così chiaro. Il capomafia di Brancaccio racconta alla moglie della visita in carcere della Commissione europea contro le torture. Durante l’incontro i commissari gli chiesero chiarimenti proprio sul concepimento del figlio e sulle polemiche sorte quando si seppe che la donna era rimasta incinta mentre il marito era detenuto al 41 bis. Ma a quale periodo si riferisce? Tale commissione è il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti ( Cpt), un organo di controllo di natura non giurisdizionale che, nel fare raccomandazioni agli Stati, stabilisce se una situazione riscontrata possa qualificarsi tortura o trattamento inumano o degradante. Da diversi anni fa visite periodiche e più di una volta ha bacchettato l’Italia per le misure troppo restrittive del 41 bis. Una delle prime visite risalgono nel 1995, poi anche nel 2000 e così via. In quegli anni, presumibilmente, chiesero chiarimenti a Graviano sul concepimento del figlio mentre lui era in cella. Secondo l’avvocato difensore dell’epoca ciò sarebbe avvenuto con una preveggenza da guinness dei primati: prima dell’arresto del ’ 94, lui e il fratello Filippo da latitanti misero da parte lo sperma, acquistarono uno speciale contenitore all’idrogeno per realizzare una sorta di ' banca' privata del seme e concordarono il progetto delle nascite con l’allora fidanzate, poi diventate mogli. Infatti i figli di entrambi i fratelli Graviano, nacquero nel ’ 97 con la tecnica dell’inseminazione artificiale al Saint- Georges di Nizza, un’esclusiva clinica dove è specializzata in queste pratiche di maternità. Infatti è ancora meta di tanti connazionali che praticano la fecondazione assistita visto che in Italia la legge è molto restrittiva.
Come mai, a distanza di tanti anni, Graviano parla con la moglie di questa vicenda e, soprattutto, perché si riferisce alla visita del Comitato europeo contro la tortura che, presumibil- mente, avvenne parecchi anni fa? Il dubbio permane e forse la verità è che Graviano non poteva riferire alla commissione europea il fatto che avrebbero in realtà fatto passare la provetta all’esterno del carcere tramite complici. Molto più facile rispetto nel fare entrare le mogli in cella e concepire i figli al 41 bis davanti alle telecamere di videosorveglianza h 24. Anche perché, per fare tutto ciò, non solo dovevano essere complici almeno tre agenti penitenziari, non solo gli addetti alla video sorveglianza e anche i reclusi al 41 bis astanti, ma anche la direttrice dell’Ucciardone. E all’epoca, a dirigere il carcere duro, c’era Armida Miserere. Soprannominata ' il colonnello', era una donna di ferro che in quegli anni aveva fama di aver trasformato la fortezza borbonica di Palermo in un efficiente supercarcere. La sua, una storia travagliata finita in tragedia.