PHOTO
Era verosimile che dopo le cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario (e gli esiti elettorali) il dibattito sulla prescrizione riprendesse vigore. Ma gli approdi sono difficili da ipotizzare, alla luce delle varie iniziative in corso. Sospensione della riforma o congelamento in attesa di una più ampia modifica della struttura del rito processuale. La politica punterà a compromessi, come è stato – da ultimo – il cosiddetto lodo Conte che, al di là di iniziative tra emendamenti al milleproroghe e “recupero” in commissione della proposta Costa, resta a livello di maggioranza probabilmente il punto da cui si partirà per cercare un compromesso “più avanzato” come diceva in altri tempi “la politica”. Ebbene il suddetto lodo Conte evidenzia seri deficit culturali e giuridici. Invero, il lodo si muove nella logica ormai acquisita per la quale la sentenza di primo grado sospende la prescrizione: l’attenzione della politica si è dunque spostata sui tempi delle fasi successive. In altri termini, tra Orlando e Bonafede le altri due. Allo stato la situazione non è suscettibile di modifiche. Il danno si è materializzato, anche perché la riforma Bonafede dal 1° gennaio 2020 manifesta i suoi effetti diretti e sistematici.E proprio considerato che si tratta di una legge vigente, è necessario che le modifiche che si vorranno introdurre siano scolpite nella legge e non consegnate a improbabili disegni di legge o leggi delega. Resta comunque aperta alle incertezze politiche la soluzione del congelamento.Entrando nel merito del lodo, si è già avuto modo di segnalare l’errore concettuale legato all’opposizione al decreto penale di condanna. Invero, come espressamente previsto dall’articolo 464, comma 3, del codriflessioni sul tempo dell’azione penale, il tempo del reato e il tempo del processo hanno finito sempre più per coinvolgere quest’ultimo aspetto, obliterando gli ice di procedura penale, in caso di opposizione ammissibile “il giudice revoca il decreto di condanna” in ogni caso, quale che siano le richieste di altri riti ovvero di nessun rito. Gli effetti della sospensione non possono essere determinati da un atto che non c’è più nel mondo del processo in quanto revocato. Altrimenti avremmo una sospensione prima (il decreto) ed una nuova sospensione poi (la sentenza dibattimentale o quella dei riti abbreviato o patteggiamento nei quali il giudizio di opposizione si è trasformato). Si consideri che il decreto penale è un atto emesso senza contraddittorio e garanzie, e proprio per questo l’opposizione è consentita all’imputato che non deve neppure presentare motivi, essendo sufficiente la volontà di opporsi. Il dato, preoccupante in sé, per la mancanza dei “fondamentali” del processo penale, è indice della visione che si ha del processo penale, nella misura in cui consegua a una iniziativa unilaterale del pm. Effetti che – secondo questa impostazione – la difesa non sarebbe in grado – nonostante l’espressa previsione del codice – di far venir meno. A questo errore di diritto, si aggiunge “l’orrore” per la ipotizzata disciplina legata agli effetti della prescrizione sulla sentenza di proscioglimento.Non è il caso di riaffrontare il problema della differenza tra sentenza di condanna e sentenza di proscioglimento, ma ci si deve ancora occupare del modo con il quale il lodo lo affronta.Al fondo si percepisce un retrogusto che definire inquisitorio è troppo benevolo.È noto, infatti, anche ai profani di diritto processuale, che la prescrizione opera nei confronti delle condanne e non delle sentenze di proscioglimento. Se può avere – nella logica autoritaria – un significato ritenere che il condannato in primo grado non potrà godere della prescrizione in appello e che, se in appello sarà prosciolto, non avrà bisogno della prescrizione, un discorso di questo genere non ha nessun significato per il prosciolto in primo grado. La sua condizione dopo la sentenza che lo assolve o lo proscioglie è la stessa del giorno prima della decisione, durante il tempo nel quale la prescrizione corre. Perché dopo la decisione favorevole, il lodo propone di sospendere per lui il decorso della prescrizione? Perché cerca di evitare che, ove fosse poi condannato in appello, possa avvalersi della prescrizione. Si consideri che l’atto idoneo a sospendere per due anni il decorso del termine prescrizionale è un atto del pubblico ministero che non costituisce – per dottrina unanime – esercizio dell’azione penale. In altri termini, anche se sei stato assolto, resti un presunto colpevole e quindi ove condannato non potrai avvalerti del decorso del termine di prescrizione.Non regge l’affermazione per la quale la prescrizione del reato dell’assolto potrebbe maturare subito dopo la sentenza favorevole, perché comunque l’imputato avrebbe diritto alla celebrazione del giudizio d’appello, non essendo sufficiente, in sé, un reicorso in appello da parte del pm a trasformare l’assoluzione in condanna, che dovrebbe poi essere accertata prima di dichiarare l’estinzione del reato. E ancora: se è chiaro che la condanna in appello del prosciolto sospende il decorso della prescrizione, non è chiaro se anche il ricorso del pm contro la sentenza di proscioglimento emessa nel giudizio d’appello sospenda la prescrizione (per due anni).Inoltre: non appare corretto affermare che la prescrizione per il condannato in primo grado ridecorra solo dalla sentenza di proscioglimento in appello; la sentenza favorevole di secondo grado, al contrario, dovrebbe consentire anche il recupero del tempo sospeso, e il dato dovrebbe ovviamente valere anche per il prosciolto la cui decisione sia stata confermata. Queste operazioni frutto di improvvisazione possono portare a conseguenze non preventivabili. Solo per fare esempi: interesse a differire il più possibile la decisione di primo grado, che sospende la prescrizione; interesse contrapposto ad accelerare per evitare il decorso del tempo della prescrizione, con presenza di criteri discrezionali nella gestione delle indagini; rischio che non si considerino le ipotesi di annullamento delle sentenze di primo grado come causa di inefficacia della sospensione della prescrizione sia per il condannato (in assoluto), sia per il prosciolto (del tempo sospeso).La visione culturale di alcuni magistrati ha già permeato di sé la materia del processo penale. Se un atto del pm è in grado di sospendere la prescrizione, perché non dovrebbe – domani – esserlo l’esercizio dell’azione penale, riportando allo stesso livello gli odierni condannati e prosciolti?