Lo svarione: in un post pubblicato sabato, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede parla di «furbi» che se la cavano dai processi grazie ai loro «azzeccagarbugli». Incredibile perché quello che di fatto è un insulto per gli avvocati arriva da un guardasigilli a sua volta avvocato. Poche ore dopo, il tweet del presidente del Cnf Andrea Mascherin: «Di certo il ministro deve considerare la funzione degli avvocati come presidio di democrazia. Ci aspettiamo che ora dica questo e che apra un confronto tecnico con tutta l’Avvocatura su temi di diritto delicatissimi come la prescrizione». Anziché la liquidazione del difensore come intralcio alla macchina del processo, dice Mascherin, da Bonafede ci si aspetterebbe un coinvolgimento dell’avvocatura nella riforma della giustizia. E il ministro, meno di due ore dopo, corregge così le sue parole: «Non era mia intenzione offendere la categoria degli avvocati e mi spiace se ho utilizzato una frase che poteva essere equivocata». Ricorda il suo impegno a «portare all’attenzione della maggioranza la proposta di inserimento dell’avvocato, la cui funzione è fondamentale in uno Stato di diritto, in Costituzione», che vuol dire appunto considerare la professione come custode di valori cruciali. Fino all’annuncio del dialogo sollecitato sempre da Mascherin: «Nei prossimi giorni avvierò una serie di confronti con le rappresentanze di categoria e con le associazioni del settore su tutti gli interventi in programma per il processo penale». Un caso, ma anche il segno di una capacità di ascolto. E di riconoscere l’errore.