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Da che parte cominciare? Impossibile scegliere. Certo, la notizia è che Sabrina Misseri uscirà per scadenza termini: la 28enne di Avetrana è ormai alle soglie del tempo massimo di custodia cautelare.Che può spingersi fino al limite comunque stratosferico di 6 anni (6 anni di carcere preventivo, è il caso di ricordarlo, significa che a fine processo si potrebbe scoprire di aver tenuto dentro per tutto quel tempo una persona innocente). Condannata all'ergastolo in primo e secondo grado per aver sequestrato e ucciso, con la complicità della madre Cosima Serrano, la cugina Sarah Scazzi, Sabrina tornerà libera il 15 ottobre 2016. Impossibile che arrivi prima la sentenza della Cassazione, e con questa l'eventuale definitiva condanna che, essa sola, consentirebbe di continuare a tenere la donna dietro le sbarre.Naturalmente in sé e per sé non ci sarebbe nulla di male, niente di terribile. Nell'ordinamento italiano una persona imputata, anche se gravata da pesanti indizi di colpevolezza, è presunta innocente fino al terzo grado di giudizio. E deve essere tenuta in carcere prima della sentenza, come noto, solo allorquando ricorrano alcuni precisi rischi: reiterazione del reato, pericolo di fuga, inquinamento delle prove. In ogni caso non può in sé e per sé creare scandalo che Sabrina Misseri esca. Casomai è discutibile che una persona debba attendere tanto tempo per conoscere le precise motivazioni in base alle quali è stata condannata, come giustamente denunciato in un'intervista rilasciata al Dubbio dal professor Franco Coppi, difensore della donna, e pubblicata martedì scorso.Le motivazioni mai depositateQui veniamo al punto, a uno degli aspetti paradossali di tutta la questione. Misseri uscirà perché appunto la sentenza di condanna non è ancora stata resa eventualmente definitiva dal giudizio in Cassazione: l'udienza davanti alla Suprema corte però avrebbe potuto celebrarsi prima se la precedente pronuncia, quella d'appello, fosse stata già depositata (senza che siano state depositate le motivazioni del giudizio impugnato, è impossibile celebrare il terzo grado del processo). I motivi in base ai quali la Corte d'Assise d'Appello di Taranto ha confermato l'ergastolo per Sabrina Misseri (e per sua madre, per la quale i termini di custodia scadono invece a maggio 2017) non si conoscono perché il magistrato che avrebbe dovuto depositarli si è preso un'infinità di tempo, ha chiesto diverse proroghe e non ha ancora tagliato il traguardo.Si tratta del giudice relatore Susanna De Felice, che dal giorno della pronuncia, il 27 luglio dell'anno scorso, ha avuto molto da fare. In particolare ha dovuto far parte delle commissioni per il concorso in magistratura. Incombenza delicata, certo, ma a cui forse la giudice avrebbe potuto sottrarsi, tenuto conto che aveva da stendere le motivazioni di una delle condanne più controverse e comunque attese dall'opinione pubblica negli ultimi anni. Sulla paradossale flemma della giudice tarantina il ministro della Giustizia, non ha a caso, ha avviato accertamenti preliminari.La giuria mediatica si indigneràChe Sabrina esca non è uno scandalo, è però quanto meno spiazzante che possa riassaporare la libertà almeno per qualche giorno perché un magistrato ha rinviato di proroga in proroga il deposito delle motivazioni. Si tratta del manifestarsi più rumoroso possibile di una patologia di sistema: i ritardi nella celebrazione dei processi spesso dovuti a questioni legate alla carriera dei magistrati. A questa disfunzione dovremmo aggiungerne una seconda, pure manifesta: si può dare per scontato che il ritorno "a piede libero" di Sabrina Misseri susciterà un'ondata di sdegno. Si alzerà forte l'urlo della curva giustizialista, di fronte a una "criminale che torna in libertà". Emergerà così per intero l'incrostazione di un sistema in cui la mediaticità della giustizia prevale sul diritto stesso. Le ansie securitarie dell'opinione pubblica sono di fatto il convitato di pietra del nostro processo penale, e nel caso specifico produrranno con ogni probabilità un moto di protesta contro quello che è un diritto di Sabrina Misseri: non restare in cella un minuto di più rispetto a quanto previsto dalla legge.È finita qui? E no. Perché ci sarebbe una terza seria disfunzione, che in realtà è la prima ed è all'origine di tutto. Sabrina Misseri è stata condannata sulla base di un processo senza prove, dunque in base ad indizi. Cosa che il nostro diritto penale prevede, ma a condizione che gli indizi siano gravi, precisi e concordanti. Altro che concordia: qui uno degli elementi principali del processo, la testimonianza del padre dell'imputatata Michele Misseri, che pur in capo a un'incredibile sequenza di ritrattazioni (incredibile anche per la qualità delle diverse versioni fornite), pur sempre scagionerebbe la figlia. Cos'altro ci vuole per condensare in un solo archetipo i pastrocchi di cui è capace la giustizia italiana? Lentezze e disfunzioni di alcune parti della magistratura, processo mediatico e, alla base di tutto, condanne su basi indiziarie. Senza le quali, d'altronde, le altre patologie neppure potrebbero rivelarsi.