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Il giudice Salvati: «Non ho minacciato il deputato Enrico Costa»
Antonio Salvati, giudice del lavoro a Reggio Calabria, si era reso protagonista di un battibecco social con Enrico Costa, deputato di Azione, dopo il caso di Marco Sorbara, ex consigliere regione della Val d’Aosta rimasto in carcere 900 giorni da innocente. «Io continuo a dirglielo, caro Costa: se soffiate sul fuoco vi scottate pure voi», aveva scritto Salvati sotto al post garantista di Costa. Ora, a polemica rientrata, parla della comunicazione sempre più complessa tra politica e magistratura.
Dottor Salvati, polemica rientrata?
La polemica è rientrata, ma penso che ci sia un problema di narrazione. L’opinione pubblica è convinta che la magistratura sia un corpo così coeso che un piccolo giudice del lavoro di Reggio Calabria possa minacciare un parlamentare addirittura a livello fisico e verbale e questo non riesco proprio a spiegarmelo.
Agli occhi degli utenti, e inizialmente anche dello stesso Costa, è apparso com il solito magistrato forcaiolo che minaccia la politica…
Organizzo a Palmi da otto anni il festival nazionale di diritto e letteratura e l’associazione è composta in larga parte da avvocati. La seconda edizione fu dedicata interamente all’errore giudiziario e fu seguita da Radio Radicale. Alla base del mio ragionamento, al di la del singolo caso concreto visto che non conosco nulla del caso Sorbara, volevo dire che se ci sono criticità, e sicuramente ci sono nel rapporto di garanzie difensive nel momento delle indagini preliminari, bisogna rappresentare la realtà per quella che è, cioè molto complessa, e non ci si può limitare a dire che è colpa della magistratura, che pure ha i suoi difetti. La mia critica è che se un rappresentante politico vede una cosa così complessa da un punto di vista così unilaterale e polarizzato allora questa narrazione è diversa dal modo in cui io vedo il mondo.
Quando è arrivato il chiarimento con Costa?
Costa non ha mai detto di essere stato minacciato da me, si è detto scioccato e ha chiesto spiegazioni che poi lo hanno convinto, almeno in parte. Stessa cosa ha fatto Calenda, che ha chiuso la questione in maniera molto corretta. Il problema è la reazione del popolo, che non è assolutamente secondaria. Per versanti diversi, sia Parlamento che magistratura sono espressione della volontà popolare e quindi il problema è che la gente pensa che davvero un magistrato possa arrivare a minacciare un politico ma non avrei mai nemmeno potuto pensare di fare una cosa del genere.
Dunque la sua esternazione è stata travisata?
I problemi della giustizia sono molto complessi, soprattutto quando si parla di ingiusta detenzione, e non si possono ridurre a trovare una soluzione che vale per tutti, rappresentando la Magistratura come un corpo privo di controlli e di responsabilità. Non si può rispondere con slogan. È stata travisata perché viviamo in un mondo sempre più veloce.
Ha parlato della complessità della giustizia. Pensa che la riforma Cartabia e i referendum possano migliorare le cose?
Prima di essere un magistrato sono un cittadino. Spero che le cose migliorino ed è ovvio che quali che siano le riforme che verranno approvate è compito della magistratura applicare le leggi. Ma ho l’impressione che siamo malati di velocità e non penso sia solo colpa dei social. Ma se non sui social mi chiedo dove ci si possa incontrare con i cittadini e spiegare queste problematiche.
Crede che Costa abbia fatto di tutta l’erba un fascio?
A me basterebbe soltanto che si sapesse che il problema degli squilibri narrativi e tecnici, come nel caso del diritto di difesa e del diritto all’oblio, è assai discusso in magistratura. Ormai anche a livello di media il vero processo è quello che c’è in fase di indagini preliminari e non quello che avviene nel dibattimento, ma se si pensa che la magistratura fa quello che vuole, manda tutti in galera e butta la chiave si dà una rappresentazione distorta della realtà.
Se pensiamo allo scandalo legato al Csm la magistratura non sta dando una grande prova di sé.
È ovvio che il problema c’è, ma non riesco a ragionare in termini di magistratura e politica. Si tratta di singole persone, politici e magistrati, che sbagliano come qualsiasi altra categoria professionale e se lo fanno per gravi responsabilità è giusto che vadano incontro a sanzioni. Alla notizia di una condanna definitiva di un politico io non penso che tutta la politica sia marcia e corrotta, così come credo che i politici non debbano pensarlo per la magistratura. È necessario trovare un terreno comune di toni bassi per ispirare nuova fiducia nei cittadini. Se invece picconiamo, rimangono solo macerie.