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Venerdì scorso il Garante regionale delle persone private della libertà Stefano Anastasìa si è recato alla Casa Circondariale di Cassino dove ha visitato l’istituto e incontrato il direttore Francesco Cocco, interloquendo con alcuni detenuti sulle loro condizioni di detenzione. I problemi principali dell’istituto, secondo quanto rilevato dal garante, rimangono il sovraffollamento e la fatiscenza delle strutture. Attualmente nel carcere vi sono 203 detenuti a fronte di 130 posti effettivamente disponibili, con un sovraffollamento del 156%. Anastasìa sottolinea che il sovraffollamento è concentrato nella II sezione, dove, a seguito della chiusura nel marzo 2019 della III sezione dichiarata inagibile, quasi tutte le stanze hanno 7 letti e dove risulta spesso impossibile aprire/chiudere del tutto la finestra. «Si tratta di condizioni intollerabili che ho già rappresentato al Provveditore regionale e per le quali mi auguro ci sia un immediata azione di riduzione delle presenze», dichiara a tal proposito il Garante. Osserva che l’alto tasso d’affollamento è determinato anche dal trasferimento presso il carcere di Cassino di detenuti provenienti da altri istituti. Inagibile anche l’unica palestra dell’istituto e inaccessibile il campo di calcio perché per accedervi è necessario transitare sotto la III° sezione nella palazzina dichiarata inagibile. Continua ovviamente il protocollo anti covid 19 e spiega che dal 29 maggio i nuovi ingressi vengono sottoposti a tampone, finora risultati tutti negativi. Le sale colloqui sono state attrezzate per consentire i colloqui familiari quattro postazioni con il divisorio in plexiglass così come prevede la “fase 2” all’interno delle carceri.Nota positiva è la riapertura alle attività di soggetti esterni, come la Caritas e l’Università di Cassino, che già da qualche settimana hanno ripreso ad incontrare i detenuti per attività di sostegno sociale, diritto allo studio e informazione legale. Dato importante visto che, come recentemente riportato da Il Dubbio, la ripresa delle attività trattamentale è fondamentale per eliminare quella “desertificazione” provocata dal lockdown che ha coinvolto ovviamente anche le patrie galere. Il riferimento è alla riapertura delle attività disposte da una circolare del provveditore reggente dell'Amministrazione penitenziaria per il Veneto - Friuli Venezia Giulia - Trentino Alto Adige, Gloria Manzelli, che ha emanato il 16 giugno per i direttori delle carceri. Non è roba di poco conto, ma di vitale importanza sperando che anche altri provveditori seguano questo esempio. Mentre noi, società libera, abbiamo riaperto gradualmente le attività, in carcere i detenuti ancora vivono senza corsi, laboratori e altre attività trattamentali che non rendono la misura punitiva esclusivamente afflittiva e, quindi, rieducativa. Senza nemmeno dimenticare che le attività trattamentali servono anche per compensare le inevitabili tensioni se i detenuti non vengono impegnati.Mentre noi ci avviamo alla fase tre , nelle carceri ancora si vive la fase due e sono ancora chiuse ai volontari, figure vitali per la finalità rieducativa della pena. Un carcere non può rimanere chiuso a queste presenze, altrimenti il malessere si amplifica nuovamente e a rimetterci è tutta la popolazione carceraria, polizia penitenziaria compresa.