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«Certo però che , con tutte queste carte, piste e indagini , a lui Scarantino , il depistaggio , gli innocenti in galera e poi la revisione sembrano solo un “ segmento” , una cosa con cui noi disturbiamo , mentre magari secondo lui dovremmo tutti quanti (dai PM agli avvocati e pure il Tribunale) portare avanti la pista Contrada e quella Berlusconi!», così scrive Rosalba Di Gregorio, l’avvocata che assiste come parte civile tre di coloro che subirono un ingiusto ergastolo a causa del depistaggio accertato dalla sentenza del Borsellino Quater. Si riferisce a l’ex pm Nino Di Matteo, oggi consigliere del Csm, che ha deposto lunedì scorso al processo sul depistaggio di Via D’Amelio. Nino Di Matteo, in sintesi, ha detto di non aver mai parlato con chi in precedenza aveva fatto le indagini, nemmeno con la collega Ilda Boccassini o con il dottor La Barbera allora capo del pool investigativo. Non aveva nemmeno saputo dei colloqui investigativi, dal 4 al 16 luglio 1994, mentre Scarantino si trovava detenuto nel carcere di Pianosa. Non aveva saputo nemmeno che Scarantino aveva ritrattato ad Angelo Mangano nel 95, all’epoca giornalista di Studio Aperto. L’avvocata Di Gregorio, quindi, tuona: «Ai tempi sequestrarono tutto il trasmesso e il non trasmesso, ma non glielo hanno detto. La signora Scarantino ai tempi scrisse lettere a mezzo mondo accusando La Barbera e i suoi di tante cose, ma tutte queste lettere i suoi colleghi e i poliziotti non gliele hanno fatte leggere. E nemmeno gli hanno raccontato che belle telefonate c’erano fra Scarantino e loro PM e i poliziotti. Gli raccontavano che era tutto per cose logistico amministrative». DI Gregorio aggiunge sempre riferendosi a Di Matteo: «E mentre prima di lui e dopo, a pochi metri da lui, si costruiva, prima, e si manteneva in piedi, poi , il pentito farlocco (mentre si faceva il processo “ bis” e persino a uno dei due PM titolari ( Palma e Di Matteo) , cioè a lui, non si davano tutte le carte ), il “Nostro” già si occupava di collegare Berlusconi alle stragi. E per giunta gli facevano fare pure i processi a Gela, mentre gli altri facevano solo il pool stragi!».L’avvocata di parte civile Di Gregorio in sostanza polemizza con Di Matteo sul fatto che secondo lui la storia del falso pentito Scarantino è solo un “segmento” del depistaggio. «Ma noi, che siamo limitati – scrive l’avvocata Di Gregorio - , ci stiamo occupando del “segmento “ ancora e non planiamo nei cieli alti delle indagini, perché stiamo qua miserelli a cercare ancora di rimediare agli inchiappi fatti da altri nel “segmento” . E se siamo qui a fare un processo facciamo le domande: capziose o provocatorie non importa. Sono tutte domande ammesse dal Tribunale e perciò considerate legittime e appropriate». Ricordiamo che a fine udienza, Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato assassinato dalla Mafia, ha espresso queste amare parole: «Mi veniva quasi di mettermi in gabbia in quell’aula di giustizia mi sento ingabbiata. Penso che c’è un’enorme difficoltà a fare emergere la verità. Non ho constatato da parte di nessuno una volontà di dare un contributo al di là delle proprie discolpe personali per capire quello che è successo e questo mi fa molto male. Io penso che di mio padre non abbia capito niente nessuno di questi magistrati».