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Il decreto sicurezza approvato all’unanimità dal Consiglio dei ministri va ad incidere anche sull’esecuzione penale e in questo caso riguarda quella minorile. La norma è stata inserita senza essere nenanche indicata nel sommario del decreto. Si tratta di alcune limitazioni, qualcuna anche del tutto nuova, che riguardano niente di meno che le misure limitative della libertà personale dei minori. Una modifica che va nell’esatta direzione opposta allo spirito della riforma dell’ordinamento penitenziario e l’orientamento della Corte Costituzionale, la quale si è già espressa sul principio rieducativo, primario, del percorso minorile.
Cosa va a cambiare il decreto Salvini? Due aspetti. Finora, chi commette un reato da minorenne, sino al compimento dei 25 anni, può eseguire la pena, e in genere le misure privative della libertà personale, secondo la legge che regola la giustizia minorile. Solo alla soglia dei 21 anni il magistrato competente può decidere se applicare la legge ordinaria ( quindi l’esecuzione penale per adulti) nei casi di «particolari ragioni di sicurezza e considerando le finalità rieducative». Con il decreto sicurezza il limite dei 21 anni passa ai 18: età in cui il giudice può decidere di privare un ' giovane adulto', come era stato definito secondo lo spirito di quella che doveva essere la riforma dell’ordinamento penitenziario, della libertà, applicando la legge ordinaria e con essa dunque escludendo dal novero le misure più prettamente rieducative, che caratterizzano la giustizia minorile in favore di quelle certamente più repressive della legge ordinaria. Eppure, la giustizia minorile e l’esecuzione penale annessa, è considerata un esempio virtuoso. Rappresenta una forma di intervento particolarmente selettivo perché presenta due situazioni: il carcere veramente come estrema ratio, il passaggio nella struttura penitenziaria ridotto il più possibile e dunque la esplicazione di una serie di sistemi ( tipo le comunità) per rendere la pena effettiva, ma nello stesso tempo rieducativa.
Il secondo aspetto introdotto dal decreto riguarda l’introduzione di una norma non scritta che non di rado viene applicata. Se un giovane che sta scontando una pena per un reato commesso da minorenne dovesse essere raggiunto da una ordinanza per un reato commesso da maggiorenne, il magistrato può sospendergli il percorso rieducativo per minori e fargli scontare la pena nel carcere per adulti. Ma, ribadiamo, tutto ciò non è normato. Il risultato è l’interruzione del percorso che ha intrapreso. Il decreto sicurezza, ora, lo mette nero su bianco. Quindi con una previsione del tutto nuova, si impone che il maggiorenne infra venticinquenne, detenuto per reati commessi da minore e che riceve un ordine di esecuzione per reato commesso da maggiorenne, può essere rinviato alla giustizia ordinaria dietro valutazione della gravità dei fatti da parte del magistrato di sorveglianza, il quale però non si dovrà fare alcuno scrupolo sul percorso rieducativo, trasmettendo gli atti al Pm, se l’ordine di esecuzione per il reato commesso da maggiorenne non viene sospeso. In sostanza il decreto valorizza questa sospensione. Entrambi le modifiche, però, non tengono quindi conto della direzione che stava prendendo anche la Consulta, con la pronuncia dello scorso anno ( n. 90/ 2017), che dichiarava illegittimo il divieto automatico di sospensione dell’ordine di esecuzione per i minori proprio in favore della tutela del principio di rieducazione della pena. Per la Corte Costituzionale si poneva in contrasto con la Carta, laddove dimenticava «la protezione della gioventù con un regime, che collide con la funzione rieducativa della pena irrogata al minore» e introduceva «un automatismo incompatibile con la necessità di valutazioni flessibili e individualizzate, dirette a perseguire, con il recupero del minore, la finalità rieducativa della pena». Ricordiamo anche la riforma dell’ordinamento penitenziario che contempla il decreto che ha elaborato l’ordinamento minorile ( presto sul tavolo del consiglio dei ministri), dove si valorizza il trattamento rieducativo, eliminando anche gli ostacoli ai benefici per chi ha commesso reati rientranti nel 4 bis.