Verrà distribuito in queste ore nelle carceri il “vademecum relativo alla riforma ex decreto legge 92/ 2024” elaborato dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria e indirizzato ai provveditori regionali e ai direttori degli istituti. L’obiettivo? Trasmettere ai detenuti, affiggendole nelle sale comuni, le “novità” “più significative” che “migliorano la condizione detentiva”.

Il documento elenca sette punti: il ristretto potrà fare sei telefonate al mese invece che quattro; con l’ordine di esecuzione della pena emesso dalla Procura della Repubblica, il detenuto conoscerà subito la riduzione della pena che gli spetta, in caso di buona condotta, in virtù della liberazione anticipata; la pena verrà ridotta di 45 giorni ogni 6 mesi automaticamente, senza necessità di fare istanza al magistrato di sorveglianza; ogni volta che il ristretto farà un’istanza per le misure alternative alla detenzione, automaticamente il magistrato di sorveglianza applicherà la riduzione per la liberazione anticipata; verrà favorito anche per i ristretti senza domicilio idoneo o in condizioni socio-economiche insufficienti l’accesso alla detenzione domiciliare e l’affidamento in prova ai servizi sociali; verrà favorito, anche per i condannati privi di occupazione, l’accesso all’affidamento in prova, ai servizi sociali; per i condannati di età pari o superiore a 70 anni è previsto che la pena residua tra i 2 e i 4 anni di reclusione potrà essere scontata nelle forme della detenzione domiciliare, esclusi i condannati ostativi. Il testo, da quanto trapela, nei prossimi giorni sarà anche tradotto in altre lingue – inglese, francese, arabo – per i reclusi stranieri.

Carcere

Compromesso politico sul decreto, ma le carceri sono già compromesse...

Da un lato non sono mancate critiche. Così ha stigmatizzato il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Lazio, Stefano Anastasìa: «Il decreto Nordio secondo il Dap: una cortina di fumo con qualche vera e propria disinformazione, tipo l’avverbio “automaticamente” nella concessione della liberazione anticipata ripetuto per ben due volte, a coprire valutazioni della “partecipazione all’opera rieducativa” che restano discrezionali e che sarà più difficile fare ad anni di distanza, come il decreto prevede».

A puntare il dito contro il documento, definito «fuorviante» e «scritto male», c’è pure l’Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria: «Si afferma erroneamente che ogni volta che un detenuto presenta un’istanza ha diritto ai giorni di liberazione anticipata. Questa è una dichiarazione non solo falsa, ma anche pericolosamente fuorviante», sostiene il segretario Leo Beneduci, il quale parla di «macroscopico errore che un dipartimento del ministero della Giustizia non può permettersi».

Nonostante queste critiche – fisiologiche rispetto a una norma da cui si attendeva di più in un momento in cui nelle carceri i detenuti stanno patendo letteralmente l’inferno dato dalle alte temperature, non possono fare attività trattamentale perché tutti in ferie, sentono il rischio dei suicidi dei loro compagni, sono stipati in cella come animali – bisogna sicuramente dare atto al Dap di mettere in campo una iniziativa che serve a stemperare eventuali tensioni tra i detenuti. Come sappiamo la responsabile dell’unità di crisi del Dap ha invitato qualche giorno fa tutti i direttori degli istituti di pena ad individuare «adeguata collocazione in zone prossime ai settori detentivi» delle attrezzature individuali di protezione degli agenti. Inoltre un provveditore, come reso noto dalla presidente di Nessuno Tocchi Caino Rita Bernardini, ha sollecitato a tenere alta l’attenzione «circa possibili stati di tensione fra la popolazione ristretta, connessi alle decisioni politiche assunte in sede di conversione del decreto numero 92/ 2024». In tale scenario al Dap, diretto da Giovanni Russo, hanno fatto l’unica cosa possibile: spiegare ai detenuti tutto il massimo che possono ottenere dall’approvazione della norma, in vista di ulteriori provvedimenti che verranno messi in campo come annunciato dallo stesso ministro Nordio sia ieri in un’intervista al Corriere della Sera sia in un comunicato stampa della scorsa settimana.

Si punta a definire «soluzioni a breve e medio termine per il sovraffollamento carcerario», che dovrebbero essere illustrate al Capo dello Stato Sergio Mattarella a settembre. Si vuole rivedere la norma sulla custodia cautelare, come ribadito ieri anche dal sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro delle Vedove in visita al carcere di Taranto: della «custodia cautelare in carcere ne è stato fatto un uso smodato in questi anni, è un dato di fatto. Basti pensare ha sostenuto Delmastro - che su 60mila detenuti, ne abbiamo 15mila in custodia cautelare, cioè persone presunte innocenti o comunque non colpevoli.

C’è bisogno di bilanciare due interessi: quello del principio di non colpevolezza e quello di arrestare il crimine prima che possa nuovamente delinquere. Bilanceremo questi due criteri - ha annunciato l’esponente di Fratelli d’Italia - senza privare la magistratura di uno strumento importante di contrasto alla criminalità, in particolar modo quella organizzata, che sono le misure cautelari». Inoltre si vogliono spedire nelle comunità i reclusi tossicodipendenti, e infine ci si pone l’obiettivo di far espiare la pena agli stranieri nei propri Paesi di origine.

Secondo il guardasigilli ci sarebbe un calo della popolazione detenuta pari a circa 20 mila ristretti, cifra in grado di dare finalmente respiro alle carceri. Ma in attesa che tutto questo si trasformi in realtà, è necessario provare a indirizzare l’attenzione dei reclusi verso il bicchiere mezzo pieno.