L’Ocf esprime «profonda preoccupazione per il mancato adeguamento delle strutture penitenziarie italiane alla storica sentenza della Corte costituzionale numero 10/ 2024 sul diritto all'affettività dei detenuti, nonostante sia trascorso oltre un anno dalla sua pubblicazione». Lo si legge in una nota diffusa ieri dall’Organismo congressuale forense, in cui si ricorda come la Cassazione, a propria volta, abbia «ribadito che il diritto all’affettività e alla coltivazione dei rapporti familiari costituisce un diritto fondamentale, non una mera aspettativa, e come tale deve essere tutelato in via giurisdizionale». L’Ocf ha segnalato come «ad oggi, in nessun istituto penitenziario italiano sia stata data concreta attuazione al diritto riconosciuto dalla Consulta». E «questa inaccettabile inerzia non solo crea una disparità di trattamento tra detenuti, in palese violazione dell’articolo 3 della Costituzione, ma vanifica anche la portata rivoluzionaria della sentenza della Corte», dichiara in particolare Elisabetta Brusa, componente del dipartimento Detenzione e carceri di Ocf.

L’Organismo congressuale forense ha chiesto dunque al ministero della Giustizia e al Dap di «adottare con urgenza misure concrete per garantire l’effettività del diritto all’affettività in tutti gli istituti penitenziari, individuando e predisponendo spazi adeguati per i colloqui intimi. L’inerzia istituzionale non può più essere tollerata: si tratta di un diritto che non può rimanere sulla carta, ma deve trovare una concreta attuazione». Non è accettabile, per Ocf, che «un diritto fondamentale, riconosciuto dalla Corte costituzionale, resti lettera morta per mere difficoltà organizzative o strutturali».

È tempo dunque, conclude ancora Brusa, che «l’amministrazione penitenziaria si assuma le proprie responsabilità e si adoperi concretamente per garantire l’esercizio di questo diritto, senza più alcun indugio. L’Ocf monitora la situazione e sosterrà ogni iniziativa volta a garantire l’effettiva tutela del diritto all’affettività delle persone detenute».